(ANSA) - CUNEO, 10 LUG - "Nel momento in cui la giornata
lavorativa dura dieci o dodici ore, è evidente che siamo fuori
dal perimetro della legalità": così il procuratore capo di Asti,
Biagio Mazzeo, commenta la posizione degli imprenditori del
vino, che si servono della manodopera sfruttata nelle Langhe,
come portato alla luce dall'operazione Iron Rod della questura
di Cuneo.
Al momento gli unici indagati sono i tre presunti caporali,
migranti con precedenti penali, destinatari di misure cautelari
nell'ambito di tre diversi filoni d'inchiesta, non collegati.
Erano loro a impiegare la manodopera straniera per paghe da
fame, nelle campagne tra Farigliano, Neive, Castiglione Tinella,
Monforte d'Alba: dai tre ai cinque euro all'ora, con giornate
lavorative dalle dieci alle quindici ore.
Emergono tuttavia possibili ulteriori responsabilità: "La
nostra prospettiva - spiega il questore di Cuneo, Carmine Rocco
Grassi - si deve spostare ora su chi, non preoccupandosi delle
condizioni di assunzione, si affida a cooperative o a soggetti
come questi, pensando di potersi lavare le mani", con chiaro
riferimento agli imprenditori agricoli. Sono le Langhe la nuova
frontiera della lotta allo sfruttamento agricolo nella Granda:
"Non è pensabile che il problema riguardi solo Saluzzo e questa
indagine, come altre nel passato, lo dimostrano" ha detto in
riferimento alle proteste degli stagionali della frutta nel
Saluzzese, che per anni sono state oggetto di cronaca. (ANSA).
Caporalato nelle Langhe, ora indagini sugli imprenditori
Il questore di Cuneo Grassi: "Non possono lavarsene le mani"