Cronaca

Taghi Rahmani, sono la voce delle donne iraniane incarcerate

Il marito del Premio Nober per la Pace Mohammadi ospite a Vieste

Redazione Ansa

(ANSA) - VIESTE, 23 LUG - "Vi devo ringraziare per avermi voluto qui. Per essere la voce delle donne iraniane e, soprattutto, delle donne iraniane rinchiuse nelle carceri.
    Quello che leggete in questo libro ('Più ci rinchiudono più diventiamo forti. Voci di donne iraniane in lotta per la libertà' scritto dal Premio Nobel Narges Mohammadi, ndr) non appartiene al passato. È ciò che avviene oggi nelle carceri iraniane. Il metodo di tortura per portare i detenuti a confessare anche cose non commesse che vengono usate nei tribunali contro di loro. Tribunali che emettono sentenze molto severe come la condanna a morte". Lo ha detto Taghi Rahmani giornalista, attivista iraniano e docente universitario arrestato in Iran 14 volte, marito del Premio Nobel per la pace 2023 Narges Mohammadi, a Vieste (Foggia) dove è ospite della serata inaugurale de 'Il libro possibile'.
    L'uomo vive da esule in Francia assieme ai due figli gemelli quasi maggiorenni. Non smette di ricordare pubblicamente l'impegno della moglie nel far conoscere la situazione dell'Iran nel mondo e la costante violazione dei diritti umani. "Per questo è importante che la pratica della condanna a morte venga conosciuta a livello mondiale perché non viene praticata solo in Iran, ma in altre parti del mondo. In Iran - conclude l'attivista - il livello di istruzione universitaria delle donne è superiore a quello degli uomini ma subiscono una discriminazione di genere. Molto mestieri, come il giudice o il presidente della Repubblica, non si possono fare".
    Dopo la tappa di Polignano a Mare, la manifestazione sbarca nella cittadina garganica e per cinque giorni ospita nomi di personalità anche internazionali impegnate in ogni settore: dalla politica, alla cultura, passando per i diritti umani, la sanità con un unico filo conduttore, l'amore. 'Where is the love?' Ovvero dov'è l'amore, hit musicale del 2003 firmata dalla band americana Black Eyed Peas, manifesto pop contro violenze, razzismo e diseguaglianze, il brano chiedeva dove fosse finito l'amore in una società dominata da guerre e denaro. (ANSA).
   

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