(ANSA) - BERGAMO, 24 AGO - "Se si vuole modificare la
situazione nelle carceri italiane bisogna mettere mano a una
circolare del 2022, andata in esecuzione sei mesi fa, in cui si
prevede che i detenuti possono stare fuori dalla cella solo se
hanno specifiche attività da svolgere in carcere o al di fuori
dal carcere, altrimenti si esce dalle celle soltanto per l'ora
d'aria del mattino e per quella del pomeriggio, altri momenti al
di fuori dalla cella non ne sono previsti. Ma in molte carceri
italiane, soprattutto in quelle strapiene, le attività da fare
praticamente non esistono. Vuol dire che ci sono migliaia di
detenuti che trascorrono 22 ore al giorno in cella a far niente.
Questo modo di agire, a mio modo di vedere, si chiama tortura".
Lo dichiara don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere
minorile Beccaria di Milano, in una lunga intervista pubblicata
oggi da L'Eco di Bergamo, a firma del direttore Alberto
Ceresoli.
"Abbiamo protestato come cappellani delle carceri della
Lombardia, sottolineando che è una cosa indegna, ma ci è stato
risposto che non sono cose che ci riguardano", aggiunge il
sacerdote, classe 1939, cappellano dal 1972, anche se da qualche
mese ha rassegnato le dimissioni per lasciare il posto a don
Claudio Burgio. "Questo governo una cosa buona l'ha fatta: la
nomina dei direttori - aggiunge don Rigoldi -. C'erano delle
carceri, come ad esempio il Beccaria, dove il direttore mancava
da vent'anni. Certo, c'erano dei supplenti che però dovevano
badare a due o tre carceri, il che vuol dire non riuscire a
gestirne nemmeno uno o quasi. Adesso invece ogni carcere ha un
proprio direttore e questo è un bene. Si stanno nominando anche
i comandanti degli agenti penitenziari, e pure questa è una cosa
buona, perché la figura del comandante è fondamentale per
formare, organizzare e sostenere al meglio il delicato lavoro
degli agenti". (ANSA).
Carceri: don Gino Rigoldi, '22 ore in cella sono tortura'
Lo storico cappellano del Beccaria, è una cosa indegna