Sharon "aveva le cuffiette e guardava le stelle in cielo" l'istante prima di morire. "Perché, perché?" sono state le sue ultime parole rivolte ad un assassino che non conosceva. Quel Moussa Sangare che era uscito di casa quella notte con l'ossessione, parole sue, di accoltellare qualcuno. E che, prima di sferrare la prima coltellata, "puntando al cuore", le ha rivolto la parola: "scusa per quello che ti sto per fare".
L'allucinante racconto di un omicidio senza un perché è lo stesso 31enne a farlo, durante l'interrogatorio della scorsa notte davanti agli investigatori e agli inquirenti al termine del quale è stato fermato per omicidio premeditato aggravato dai futili motivi. Un interrogatorio nel quale Moussa Sangare ha spesso usato uno slang da rapper, cosa che aveva provato a diventare nella sua vita precedente. Quando era ancora, a sentire chi lo conosceva, un "bravo ragazzo". Prima di "bruciarsi". Davanti ai carabinieri di Bergamo e al pm Emanuele Marchisio, ha ripercorso quell'aggressione omicida. Dopo una serata con gli amici durante la quale, contrariamente al solito, non aveva fumato hashish nè bevuto birre fino a 'sballare', era tornato a casa, e ne era riuscito con un coltello e con quell'ossessione di ammazzare qualcuno. Lui dice "feeling" nel corso dell'interrogatorio. Così da Suisio, il paese dove abitava, è arrivato nella vicina Terno d'Isola e, durante il suo percorso, ha minacciato due ragazzini, uno con la maglia del Manchester, facendo vedere loro la "lama" presa da un ceppo di coltelli in cucina. Nei pressi della piazza di Terno ha visto Sharon che passeggiava, intorno all'una di notte, e che "guardava le stelle in cielo, con le cuffiette".
Le si è avvicinato, sempre in bicicletta e, forse dopo essersi abbassato sulla canna, l'ha afferrata da dietro dandole un primo colpo al cuore. "Scusa per quello che ti sto per fare", ha detto mentre la donna, dopo la prima coltellata, ha chiesto: "Perchè? Perchè?". Sharon morirà poco dopo ave telefonato al 118 riuscendo solo a dire: "Mi ha accoltellata". Sangare ha raccontato di essere poi fuggito in bicicletta verso Suisio e le immagini delle telecamere di sorveglianza lo ritraggono pedalare a velocità normale prima del delitto e più che doppia dopo. Nei giorni successivi ha seppellito il coltello nell'argine dell'Adda e buttato nel fiume tre di quelli che rimanevano nel ceppo. Ha modificato il manubrio e i catarinfrangenti della bici e si è tagliato i capelli nella speranza, vana, di non essere riconosciuto. Cosa che invece è avvenuta anche per l'apporto alle indagini di due uomini di origine marocchina che l'hanno individuato nei frame che i carabinieri hanno mostrato loro. Nel tugurio in cui viveva, intestato a un nigeriano che non vi risiede da mesi, è stata trovata una sagoma in cartone che aveva usato per vedere quanto potesse penetrare un coltello ma, secondo quanto ha raccontato, nei giorni precedenti l'aveva usata per "giocare" e non per accoltellare davvero qualcuno.
Quell'idea gli è venuta solo quella sera. L'appartamento è stato trovato pieno di bottiglie di birra, senza elettricità e acqua, in condizioni igieniche tali da lasciar supporre che vi si fosse trasferito da tempo. E' nello stesso palazzo in cui vivono sua madre e sua sorella, che l'avevano denunciato per maltrattamenti poiché una sera Moussa aveva minacciato la sorella con un coltello. Per quella storia il 31enne è in attesa della notifica della chiusura delle indagini. L'omicida molto probabilmente ripeterà il suo racconto lunedì nel carcere di via Gleno davanti al gip Raffaella Mascarino (la stessa che a Milano si era occupata della stilista trovata impiccata Carlotta Benusiglio e delle violenze sessuali accadute a Capodanno del 2022) nell'interrogatorio di convalida a cui parteciperà anche il pm Emanuele Marchisio. Fino ad allora è in una cella da solo ed è sotto stretta sorveglianza, seguito dagli psicologi dell'istituto. A quanto si è appreso, il giovane si sarebbe chiuso nel silenzio e finora avrebbe chiesto solo da bere.
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