(ANSA) - BOLOGNA, 03 SET - Un carcere senza sbarre per un
vero reinserimento. È questo il messaggio lanciato dalla mostra
"Dall'amore nessuno fugge.
È proprio questo il senso della Comunità Giovanni XXIII e
del progetto delle Cec, le Comunità educanti per carcerati. In
Italia sono una decina, di cui quattro in Emilia-Romagna. Sono
frutto dell'impegno dell'Associazione per la Protezione
Assistenza Condannati (Apac), esperienze di carcere aperto nate
nel 1972 in Brasile a opera dell'avvocato e giornalista Mario
Ottoboni a cui è dedicata la mostra. I detenuti, molti dei quali
presenti, si chiamano recuperandi. E hanno loro le chiavi delle
celle. La comunità locale aiuta chi sta scontando la pena a
reinserirsi, tanto che i tassi di ricaduta nel reato sono molto
bassi (12% rispetto al 70% delle carceri tradizionali).
"L'Emilia-Romagna è fra le regioni più attive in questa
direzione - dice la presidente Emma Petitti - e oggi l'azione
educativa in carcere serve a promuovere un cambiamento, non
coercitivo, non correttivo, ma di opportunità".
"Le Comunità educanti per carcerati (Cec) - evidenzia il
coordinatore Giorgio Pieri - sono luoghi di espiazione della
pena alternativi al carcere che offrono percorsi educativi
personalizzati da svolgere in un circuito comunitario protetto,
garantendo sicurezza ai cittadini, rispetto alle vittime,
riscatto al reo. L'auspicio è che, anche grazie a questa mostra,
possano essere maggiormente conosciute e avere riconoscimento
istituzionale e amministrativo, dato che oggi lo Stato non
finanzia le Cec".
"L'accoglienza delle persone provenienti da circuiti
detentivi è la scommessa sulla quale si gioca il loro futuro",
conclude il coordinatore fa eco Roberto Cavalieri, garante
regionale dei detenuti. (ANSA).
Carceri, l'esperienza delle Cec dal Brasile all'Emilia-Romagna
"Dall'amore nessuno fugge", comunità educanti in mostra