Cronaca

'Sentiamo i bombardamenti, stiamo dentro i bunker'

I caschi blu italiani al riparo con elmetto e giubbotto protettivo

Contingente Unifil

Redazione Ansa

I colpi di artiglieria che si sentivano a Naqoura soltanto una settimana fa erano il preludio a quello che sarebbe successo in queste ore intorno alle basi. "La guerra non è mai stata così vicina a noi. Ma per il momento la situazione è gestibile", spiegano i caschi blu italiani in Libano. I carri armati di Israele hanno attraversato la linea blu al confine e raggiunto i territori dove opera il comando della brigata Sassari di Unifil impegnata nella missione Onu: è stata violata la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza, cardine di una tregua apparente tra i due Paesi durata quasi vent'anni. "Si sentono continui bombardamenti a decine di chilometri di distanza e l'allerta oscilla tra il livello 2 e il livello 3 di allarme, ovvero quello ufficialmente massimo".

Nessuna vedetta nelle nelle basi 1-31 e 1-32 Alfa, quello che succede fuori si apprende da altre fonti, visto che l'ordine perentorio delle sirene - per tutto il contingente italiano nel settore ovest sulle montagne a Shama, Naqoura e sulla costa - è il riparo al sicuro. "Indossiamo elmetto e giubbetto protettivo - spiegano i soldati - Entriamo sempre più spesso nei bunker e altre volte semplicemente limitiamo le operazioni al minimo".

Ma, precisano fonti della Difesa, si tratta di misure precauzionali, perché Unifil al momento non è l'obiettivo delle parti in conflitto e lo stesso ministro Tajani ha precisato di aver ricevuto garanzie dal suo omologo israeliano affinché i peacekeeper italiani che partecipano alla missione Unifil dell'Onu vengano tenuti fuori dagli scontri con Hezbollah.

Nelle basi in queste ore circolano informazioni incontrollate e tutte da verificare, come quella secondo cui ci sarebbero stati scontri tra i miliziani sciiti e l'Idf ad Ain Ebel, una cittadina prima popolata da oltre un migliaio di persone e in queste settimane abbandonata dalla maggior parte degli sfollati libanesi, dove gli stessi caschi blu avevano inaugurato nei mesi scorsi una sala maternità. Si tratta solo di uno dei tanti luoghi impervi tra le montagne rocciose sul filo dei centoventi chilometri della 'blue line', la frontiera a tratti invisibile tra i due Stati, dove i nostri peacekeeper erano stati impegnati per fornire assistenza alle comunità locali prima dello scoppio del nuovo conflitto. In questi mesi il nuovo centro di assistenza per gli sfollati era stato creato a Tiro e ancora si sperava che migliaia di persone potessero rientrare nelle loro case. Ma in quei posti, con i peacekeeper nei bunker, non è più possibile alcun pattugliamento: quei villaggi sono la trincea del nuovo fronte.    

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