La Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria per una banca d'affari milanese, Banca Progetto, per aver concesso finanziamenti, come accertato dalle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e del pm Paolo Storari, a società legate alla 'ndrangheta per oltre 10 milioni di euro. Finanziamenti garantiti dal fondo per le piccole medie imprese, quindi "aiuti di stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del Covid" o "a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina".
L'analisi dei "fascicoli bancari", si legge in una nota del procuratore di Milano Marcello Viola, "ha consentito di appurare come l'intermediario", ossia Banca Progetto, "spesso eludendo i principi della normativa antiriciclaggio, ha erogato finanziamenti assistiti da garanzia statale in favore di società pienamente inserite all'interno di dinamiche criminali, in quanto oggetto della contestazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori, in alcuni casi commessi con l'aggravante del metodo mafioso, consistito nell'agevolazione della 'locale' di 'ndrangheta di Legnano/Lonate Pozzolo", provincia di Varese.
Le indagini, condotte dal Gico del Nucleo Pef della Gdf milanese e coordinate dalla Dda, guidata da Marcello Viola e Alessandra Dolci, hanno evidenziato "diverse criticità sull'operatività dell'istituto di credito, con riguardo ai pericoli di permeabilità dello stesso in relazione ai rapporti con soggetti indagati per gravi delitti o destinatari di misure di prevenzione personali/patrimoniali". Il provvedimento di amministrazione giudiziaria, disposto in base al "Codice Antimafia", è stato eseguito oggi dalla Gdf. E "costituisce il risultato di più ampie indagini" volte "all'approfondimento dei rapporti tra l'istituto finanziario e soggetti legati a consorterie di 'ndrangheta".
E' stato accertato, spiega la Procura, "come diverse società indirettamente gestite da soggetti contigui ad esponenti" della 'ndrangheta abbiano "beneficiato negli anni di finanziamenti erogati" da Banca Progetto "con assistenza di garanzie statali previste dal Fondo Centrale di Garanzia a favore delle Pmi del Mediocredito Centrale (Legge 662/1996), accedendo così agli aiuti di stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del Covid-19 piuttosto che a seguito dell'aggressione della Russia contro l'Ucraina".
"Secondo me, se Banca Progetto prendeva il mio nome e cognome, faceva una ... diceva 'lasciamo stare tutto'". E' una dichiarazione, emblematica secondo i giudici di Milano, resa in un'udienza lo scorso 14 marzo da Maurizio Ponzoni, ritenuto vicino ad una cosca della 'ndrangheta e che avrebbe ottenuto, attraverso società a lui riconducibili, 10 milioni di euro di finanziamenti con garanzia statale da Banca Progetto spa.
La Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese spiega che per quei finanziamenti "il meccanismo di concessione" era sempre lo stesso. Era lo stesso Ponzoni a relazionarsi "direttamente" coi funzionari della banca. Lui, tra l'altro, formalmente "nulla" aveva a che fare con le società finanziate e, dunque, i funzionari avevano "ben chiaro che il vero referente-destinatario" dei prestiti era lui. E non hanno comunque "attivato alcun controllo sulla sua persona". Sarebbe bastata, come ha detto lo stesso Ponzoni, una "semplice consultazione" da "fonti aperte", anche perché i media "diffusamente" avevano parlato del suo arresto nel marzo 2023.
Malgrado ciò, si legge ancora negli atti, Banca Progetto ha concesso prestiti a "Cfl Costruzioni srl" per 2,5 milioni di euro il 31 maggio 2023, a "Crocicchio srl" per quasi 2 milioni il 6 giugno, a Givi srl per mezzo milione il 13 ottobre dello stesso anno. Tutte società legate, stando alle indagini, all'arrestato.
Come risulta dagli atti, Enrico Barone "sodale" di Ponzoni è stato condannato lo scorso giugno dal Tribunale di Busto Arsizio (Varese) a 11 anni di reclusione per bancarotta con l'aggravante mafiosa, mentre Ponzoni ha patteggiato nel dicembre 2023. E sono entrambi indagati in un procedimento per "trasferimento fraudolento di valori" con aggravante mafiosa.
Sempre Ponzoni, lo scorso aprile, è stato sottoposto a misura di prevenzione per "pericolosità sociale" e gli sono stati sequestrati immobili, intestati a prestanome e alla sua compagna, per milioni di euro. Ponzoni, sempre stando agli atti, avrebbe agito per "agevolare" la cosca della 'ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, tra Milano e Varese.
Sarebbe stato in "rapporti d'affari", in particolare, con Vincenzo Rispoli, noto capo clan della "locale" del Varesotto e coinvolto nei più importanti processi contro la 'ndrangheta in Lombardia, e con Massimo Murano, anche lui condannato per associazione mafiosa.
Sarebbero almeno nove, come risulta dal provvedimento del Tribunale, le società riconducibili a Ponzoni e Barone che avrebbero avuto i prestiti dalla banca milanese.
I giudici: 'La banca ha dato soldi dello Stato alla 'ndrangheta'
Il "modus operandi" di Banca Progetto spa "opaco e discutibile" ha di fatto "trasferito il rischio di insolvenza, in concreto verificatosi, sullo Stato", finanziando con fondi a garanzia statale società legate alla 'ndrangheta, e ha determinato "il paradosso che il denaro confluito nelle casse della consorteria criminale risulta di provenienza statale". Lo scrivono i giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano nel provvedimento di amministrazione giudiziaria dell'istituto di credito d'affari milanese, parlando di "denaro", oltre 10 milioni di euro, "cannibalizzato" dai clan con "ingenti guadagni".
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