Il Viminale è stato citato come responsabile civile nel procedimento legato al caso di Hasib Omerovic, l'uomo precipitato dalla finestra della abitazione doveva viveva, nel luglio del 2022, nel quartiere Primavalle a Roma durante un'attività di controllo da parte di alcuni agenti di polizia, rimanendo gravemente ferito.
Il gup della Capitale ha recepito una istanza delle parti civili ed ha aggiornato l'udienza al prossimo 21 febbraio. Nei confronti degli imputati le accuse, a seconda delle posizioni, sono di tortura e falso. Due imputati, accusati di falso, hanno annunciato che chiederanno di essere giudicati con il rito abbreviato che consente lo sconto di un terzo della pena.
Il reato di tortura viene contestato all'assistente capo della polizia Andrea Pellegrini, all'epoca dei fatti in servizio nel distretto di Primavalle. L'abbreviato verrà sollecitato dagli impuntati Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natali. Per questa vicenda, a settembre, un quarto indagato, Fabrizio Ferrari, che ha collaborato alle indagini, ha patteggiato una pena a 11 mesi e sedici giorni. Il gup ha ammesso come parti civili i familiari e l'associazione "21 luglio".
In base all'impianto accusatorio Pellegrini durante l'attività di identificazione in casa di Omerovic, in via Girolamo Aleandro, "con il compimento di plurime e gravi condotte di violenza e minaccia, cagionava all'allora 36enne un verificabile trauma psichico, in virtù del quale lo stesso precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti".
L'indagato è accusato, inoltre, di avere colpito l'uomo con due schiaffi e di avere impugnato "un coltello da cucina" che "ha brandito all'indirizzo dell'uomo" e dopo avere trovato la porta della stanza da letto di Omerovic chiusa a chiave "l'ha sfondata con un calcio, sebbene l'uomo si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi".
A Pellegrini è contestato anche il reato di falso in concorso con gli altri due colleghi per avere attestato che l'intervento nell'appartamento fosse "dipeso dall'essersi incrociati per strada, lungo il tragitto, e non come realmente accaduto da accordi telefonici previamente intercorsi".
Gli indagati, inoltre, hanno affermato il falso sostenendo di "aver ricevuto dai condomini dello stabile, una volta giunti sul posto, informazioni secondo cui all'interno dell'appartamento degli Omerovic vivevano più persone che davano spesso problemi al condominio, in quanto vivono in uno stato di scarsa igiene e hanno riferito inoltre che durante alcune litigate all'interno dell'abitazione si sentivano spesso urla e lanci di oggetti come bicchieri e coltelli dalla finestra', laddove tali informazioni erano state, in realtà, acquisite soltanto dopo che l'uomo era precipitato nel vuoto".