E' il 26 dicembre dello scorso anno il giorno, come annotano i magistrati, della "fuoriuscita informativa di Santo Stefano".
E' il momento in cui il "gruppo" che fabbricava dossier su larga scala, con a capo l'ex super poliziotto Carmine Gallo e l'hacker Nunzio Samuele Calamucci, teme che vengano scoperte le "tracce" delle "attività criminali" a livello informatico.
In quei giorni di festa, infatti, "la funzione estera di vigilanza sulla rete informatica di Heineken Italia", si legge negli atti della Dda di Milano, "si è accorta dell'installazione del 'tools' d'intercettazione sulla propria rete informatica, rilevandola come un attacco alla sicurezza dell'infrastruttura". Così tra fine anno e gennaio, come emerge dalle intercettazioni nell'inchiesta del pm Francesco De Tommasi e dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, il "gruppo di via Pattari 6", dove ha sede, a due passi del Duomo, la Equalize di Enrico Pazzali e amministrata da Gallo, è "freneticamente impegnato" nella "distruzione" delle "tracce". Ci sono chat di telegram e altra messaggistica da cancellare, ma soprattutto c'è una "mole immensa" di informazioni riservate, tirate fuori "bucando" le più importanti banche dati nazionali, da trasferire altrove e da distruggere solo in casi estremi.
"Ottocentomila Sdi, c'ho di là", diceva Calamucci intercettato lo scorso gennaio con Gallo, riferendosi ad un "hard disk" e agli accessi abusivi alla banca dati delle forze dell'ordine. In un'altra conversazione, già del novembre del 2023, l'hacker avrebbe avuto la preoccupazione di "mettere da parte", ossia di trasferire dati, di "sei, sette milioni di chiavette che c'ho io". Almeno "15 terabyte". "Carmine è a rischio perquisizione, quindi noi non dobbiamo lasciare qua nessun materiale estraneo (...) bisogna far sparire tutto", dicevano nelle intercettazioni." Trituravano i report cartacei, mentre per ciò che stava nei dispositivi avevano la possibilità di usare delle "Usb killer", capaci di "assicurare" la "completa distruzione" dei contenuti. Gallo, intanto, sempre intercettato, raccontava di aver portato degli "scatoloni" col suo "archivio" a casa della segretaria di Equalize e che lei avrebbe dovuto spostarli in "un garage". Una delle tante "circostanze" gravi ed inquietanti, scrivono gli inquirenti, è addirittura la "presenza" in una chiavetta Usb di Calamucci "di dati che apparentemente, ad una prima analisi, risultano classificati". Come un documento "formalmente riconducibile all'Aise", servizio segreto italiano per l'estero, classificato "riservato" e risalente al 2008-2009 sulle "reti del Jihad globale".
I carabinieri, infatti, lo scorso anno erano riusciti ad estrapolare da remoto una serie di file, mentre Calamucci aveva una chiavetta collegata al pc, e molti di quelli erano "riconducibili" ad un ex carabiniere, tra i 60 indagati. Intanto, l'inchiesta non si è affatto conclusa con le misure cautelari e le perquisizioni di due giorni fa. La Dda, assieme alla Dna, effettuerà anche approfondimenti sulla presunta vendita di dati e informazioni sensibili verso l'estero, per verificare l'eventualità che siano finiti in altri Paesi. La banda, sottolineano i magistrati, aveva del resto rapporti a tutto campo, dalla criminalità organizzata ai servizi segreti anche esteri. Questi accertamenti, così come altri necessari, passeranno anche attraverso consulenze informatiche, disposte dai pm, sui dispositivi e sui pc sequestrati agli arrestati e agli altri indagati.
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