Cronaca

La violenza alle donne lascia cicatrici nel loro Dna

L'Iss invita vittime a partecipare a uno studio, reclutate in 70

La violenza alle donne lascia cicatrici nel loro Dna

Redazione Ansa

La violenza sulle donne lascia tracce profonde, che restano impresse fino al Dna.

In chi è stato vittima di violenza, infatti, è possibile rinvenire delle modifiche epigenetiche - delle vere e proprie cicatrici molecolari - a carico di alcuni geni. È quanto è stato scoperto nell'ambito del progetto Epigenetics for Women (Epi-We), realizzato dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l'Università degli Studi di Milano e la Fondazione Cà Granda dell'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Lo studio è ora entrato in una seconda fase, che punta a coinvolgere un maggior numero di donne che saranno seguite per 18 mesi per intercettare in ognuna di loro il prima possibile gli eventuali danni alla salute. L'obiettivo è capire fino a che punto queste modifiche si estendano all'interno del genoma delle vittime e quanto durano i loro effetti nel tempo. Ciò potrebbe consentire di mettere in atto strategie di prevenzione 'di precisione' dei danni della violenza.

 In cinque Regioni (Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria), negli ambulatori, Pronto soccorso, case antiviolenza, Asl, le donne vittime di violenza saranno informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico e di tornare per valutare nel tempo i cambiamenti epigenomici. Sono previsti 4 prelievi in totale, uno ogni sei mesi, accompagnati da rilevazioni sul benessere psicofisico, con particolare riguardo alle patologie stress-correlate. Le donne interessate a partecipare possono anche contattare l'indirizzo email epi_we@iss.it.

"Già 70 donne hanno risposto e aderito al progetto e alcune di loro si sono anche raccontate, hanno anche parzialmente descritto il tipo di violenza subita. Per noi, e per tutte le donne, è un grande risultato", dice Simona Gaudi, ricercatrice del dipartimento Ambiente e Salute di Iss e coordinatrice di Epi-We.

 Intanto, l'Iss sta continuando nel suo impegno in formazione destinata agli operatori sanitari per riconoscere e prevenire la violenza di genere: i corsi hanno già raggiunto più di 18 mila operatori sanitari di tutti i 651 pronto soccorsi italiani e oltre 2 mila professionisti del territorio. "Rilevare la violenza sulle donne che arrivano nei Pronto soccorso non è affatto un processo scontato", afferma Anna Colucci, ricercatrice dell'Unità Operativa ricerca psico-socio-comportamentale, Comunicazione, Formazione dell'Iss. "È necessario che il personale di salute abbia conoscenze, competenze e strumenti per farlo".
   

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