La Procura della Repubblica di Udine ha inviato avvisi di garanzia a 3 vigili del fuoco della sala operativa e a un infermiere del Numero unico di emergenza 112: sono indagati per la tragedia del Natisone in cui morirono Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar, travolti dal fiume il 31 maggio. Lo ha confermato, all'ANSA, il procuratore capo, Massimo Lia.
Le indagini si sono concentrate su coloro che hanno gestito il protocollo di emergenza e non sul personale che è materialmente intervenuto sul posto. Nessuno dei vigili del fuoco che, eroicamente, hanno cercato di salvare i ragazzi, è coinvolto nell'inchiesta.
Le indagini della Procura di Udine ipotizzano il reato di omicidio colposo. I primi interrogatori delle persone che hanno ricevuto l'invito a comparire sono fissati per mercoledì 4 dicembre. Gli investigatori in questi sei mesi esatti - la tragedia avvenne il 31 maggio - hanno analizzato nel dettaglio i tabulati e le registrazioni delle telefonate effettuate da Patrizia Cormos, che a più riprese chiamò il 112 per ricevere soccorsi, dopo essere rimasta bloccata, con i due amici, dall'improvvisa piena del torrente. Analizzate anche le comunicazioni tra la sala operativa Sores Fvg - a cui appartiene l'indagato del comparto sanitario - e quella dei vigili del fuoco.
Da quanto si è appreso, l'aspetto da chiarire è proprio quello delle chiamate tra l'infermiere e i pompieri. Secondo la procedura consolidata, l'operatore del 112 - che appartiene a una struttura di Protezione civile - acquisisce la telefonata e la smista al collega della centrale operativa sanitaria Sores Fvg e ai comandi dei vigili del fuoco che possono essere interessati dall' intervento.
La Procura sta analizzando le procedure che hanno riguardato le fasi successive alle telefonate, il cui indirizzamento è stato dunque considerato corretto da parte del primo operatore del Numero Unico di Emergenza 112. Secondo quanto si è appreso, l'invio degli avvisi di garanzia ha scosso tutto il personale della centrale operativa Sores Fvg e non solo l'infermiere materialmente coinvolto nell'indagine.
Dalla struttura sanitaria si pone l'accento sul fatto che l'accertamento di eventuali responsabilità su un addetto che è impossibilitato ad accertare, da remoto, le effettive condizioni di emergenza del richiedente, farebbe nascere un pericoloso precedente, se non si configurasse un'effettiva omissione. L'intero staff è comunque fiducioso che la magistratura accerterà l'aderenza dell' operato dell'addetto al protocollo in vigore.
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