Cronaca

L'Italia chiede l'arresto del magnate austriaco Benko. Appalti e speculazioni, la politica trema in Trentino Alto Adige

Ai domiciliari il bolzanino Hager e la sindaca di Riva

Redazione Ansa

Pressioni, favori e denaro in cambio di concessioni, appalti, autorizzazioni o servizi. Un intreccio tra imprenditoria e politica realizzato da una presunta associazione in grado di condizionare le scelte degli amministratori locali. È un terremoto giudiziario quello che si è abbattuto sul Trentino Alto Adige dopo oltre quattro anni di indagini del Ros dei Carabinieri e del Gico della Finanza coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Trento.

Agli arresti domiciliari sono finite nove persone per associazione a delinquere con l'utilizzo del metodo mafioso. Complessivamente - con diverse contestazioni - sono indagate 77 persone, tra cui 11 amministratori pubblici, 20 dirigenti e funzionari di enti locali e società partecipate, membri delle forze dell'ordine, professionisti e imprenditori. Numerose anche le società e le imprese segnalate per responsabilità amministrativa.

Secondo gli investigatori, "il comportamento predatorio dell'associazione viene riconosciuto dai sodali e dai terzi e pienamente rispettato, in nome di una sorta di immunità". Il magnate austriaco Renè Benko, che si è presentato alla Polizeidirektion di Innsbruck ma resta a piede libero, viene considerato dagli inquirenti uno dei promotori della presunta associazione a delinquere. Il commercialista bolzanino Heinz Peter Hager e l'imprenditore lagarino Paolo Signoretti sarebbero invece le teste di ponte in Alto Adige e Trentino. Secondo gli inquirenti, i due avevano "piena autonomia nell'opera di infiltrazione nel tessuto economico-sociale trentino e altoatesino".

Tra gli indagati per cui è stata chiesta la misura cautelare c'è anche l'ex sindaco di Dro ed ex senatore Vittorio Fravezzi, il quale, sostengono gli investigatori, avrebbe utilizzato anche "minacce e intimidazioni". Ai domiciliari pure la sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi (Lega) - che avrebbe piegato "l'interesse pubblico a quello privatistico" - gli architetti bolzanini Fabio Rossa e Andrea Saccani, il giornalista Lorenzo Barzon e la dirigente del Comune di Bolzano nell'ufficio gestione del territorio Daniela Eisenstecken.

L'indagine, nata nel 2019, è partita dopo un accesso abusivo al sistema informatico proprio da parte di Eisenstecken. Dalle indagini è emersa grande disponibilità finanziaria per l'acquisizione di aree, come per i progetti Waltherpark e Gries Village in Alto Adige, o per l'area ex Cattoi ed ex hotel a Arco, in Trentino. Le ristrutturazioni o le edificazioni - secondo gli inquirenti - sarebbero state programmate "in aperto spregio della disciplina". Ogni volta che un sopralluogo sul cantiere era "compiuto da funzionari onesti ed estranei ai disegni della compagine criminale, i soggetti apicali si adoperavano per rilasciare egualmente le richieste certificazioni, superando o ammonendo i funzionari".

Per sette dei nove arrestati il gip Enrico Borrelli ha imposto il divieto di esercitare la professione o l'attività imprenditoriale per un anno. Rivestendo un incarico pubblico Santi è stata invece sospesa dalla carica di sindaca e Eisenstecken da quella di funzionaria. Nell'inchiesta risultano indagati - tra gli altri - anche l'attuale sindaco di Arco, Alessandro Betta, e l'ex assessore provinciale, Luca Zeni, entrambi esponenti del Pd del Trentino. Pur avendo ricevuto complessivi 46.970,00 euro sotto forma di consulenze, importo superiore alla soglia di legge di 3.000 euro, non avrebbero ottemperato all'obbligo di presentare dichiarazione congiunta alla presidenza della Camera dei deputati.

Tra gli indagati figura anche il consigliere comunale ed ex candidato sindaco di Trento per il centrodestra, Andrea Merler (FdI), avvocato e vicepresidente di Patrimonio del Trentino spa. Avrebbe - tra l'altro - agevolato la vendita di un terreno di proprietà della società pubblica a favore di una società privata in cambio di un presunto riconoscimento economico di circa 10.000 euro, che sarebbe poi stato versato allo studio legale di cui è socio.

 

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