A marzo scorso, quando arrestarono il tecnico radiologo che l'aveva assistito dopo la diagnosi del tumore, parlarono di un'omertà trasversale che aveva impedito agli inquirenti di avere spontanee notizie anche all'apparenza insignificanti: "nessun medico, operatore sanitario o anche semplice impiegato di segreteria che abbia avuto contatti con Messina Denaro Matteo ha ritenuto di proporsi volontariamente per riferire di essersi occupato, a qualsiasi titolo, del latitante", dissero i magistrati della Procura di Palermo che, da due anni ormai, tentano di farsi largo nella fitta nebbia delle complicità. Una strada difficile che oggi ha portato i pm a disporre accertamenti in due ospedali del capoluogo, Villa Sofia e il Civico, a caccia di documentazione sanitaria su eventuali visite, ricoveri o interventi chirurgici subiti dal boss in latitanza.
La ricerca è ad ampio raggio perchè al setaccio non ci sono solo prescrizioni, ricette o cartelle intestate all'alias più noto del capomafia, Andrea Bonafede, ma anche quelle intestate agli altri 14 nomi che il padrino di Castelvetrano ha utilizzato in latitanza.
Tutte identità di comodo che però corrispondono a persone reali - è ancora da capire se o meno consapevoli del fatto che Messina Denaro si spacciasse per loro - , di età compatibile con quella del boss, e tranne una, residenti tra Campobello di Mazara, paese dell'ultimo covo del capomafia, e Castelvetrano, suo luogo d'origine.
A scoprirle è stata la Procura che nel nascondiglio del padrino ha trovato i falsi documenti di identità con la foto del capomafia e le 14 diverse generalità.
Ma come si arriva agli ospedali? Ancora una volta, come accadde per la cattura, quando a guidare gli investigatori fu il tumore di cui il latitante soffriva, sono i problemi di salute di Messina Denaro a fornire spunti investigativi. Nel covo di Campobello, tra le migliaia di documenti ritrovati dai carabinieri del Ros, vennero scoperte due ricette firmate da un oculista palermitano, Antonino Pioppo, ex primario di Villa Sofia, ora al Civico. Una era intestata a Bonafede, un'altra portava un altro nome. I due documenti erano stati rilasciati dal medico al termine di visite private fatte a distanza di qualche anno.
Una circostanza sospetta - come mai Pioppo non si è chiesto perchè lo stesso paziente usasse due nomi? si domandano i pm - che ha portato all'iscrizione del medico nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza della pena.
I magistrati, che hanno già sentito l'oculista, che sostiene di non aver mai saputo la vera identità del paziente, vogliono andare a fondo e capire se il capomafia, usando uno dei suoi tanti alias, sia stato visitato altre volte e da chi o abbia subito interventi chirurgici. Perciò hanno delegato alla polizia di acquisire carte mediche riconducibili a uno dei nomi usati dal latitante nelle strutture sanitarie o nelle banche dati. Lo scopo è fare luce sulla "vasta, trasversale e insidiosissima rete di sostegno, ancora in minima parte svelata" dissero gli inquirenti, che ha protetto il boss.
La strada è ancora lunga ma Pioppo non è l'unico sospettato: a parte il tecnico radiologo Cosimo Leone, tuttora in cella, e il medico curante Alfonso Tumbarello, sotto processo, per il favoreggiamento di Messina Denaro, sono indagati anche due medici mazaresi. E la lista dei sospettati potrebbe allungarsi.
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