Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, mentre sono ancora calde le polemiche sul presunto uso strumentale della giustizia da parte dei pm dopo le assoluzioni di Matteo Renzi e Matteo Salvini, fa un passo indietro e rende noto che alla imminente scadenza del suo mandato, ai vertici del 'sindacato' delle toghe, lui non intende ricandidarsi.
Non solo per stanchezza dopo quattro anni di impegno, ma anche perché vuole evitare ogni personalizzazione dello scontro quando l'otto gennaio riprenderà l'iter parlamentare della riforma costituzionale della separazione delle carriere, provvedimento inviso ai magistrati e nell'agenda del governo Meloni. Oltre a Santalucia, che in una intervista al 'Corriere della sera' ha parlato della sua decisione di 'ritirarsi', non avrebbero intenzione di ricandidarsi anche i componenti della Giunta esecutiva dell'Anm.
Le elezioni per il rinnovo del 'parlamentino' dell'Anm si svolgeranno in tre giorni, dal 26 al 28 gennaio, e per la seconda volta il voto sarà on-line. Cinque dovrebbero essere le liste che presenteranno i loro candidati: Area, Unicost, Magistratura Indipendente (la corrente che ha preso più voti due anni fa alle ultime elezioni del Csm, che come quelle dell'Anm si svolgono con il proporzionale secco), Magistratura democratica e Articolo 101. A febbraio saranno quindi eletti i componenti del Comitato direttivo, il 'parlamentino', che dopo l'insediamento provvederà ad eleggere la Giunta esecutiva, la quale nominerà la nuova leadership sulla base del 'peso' elettorale delle liste.
"Quattro anni di impegno intensissimo e faticoso, seppure molto gratificante, sono sufficienti, e credo che - ha detto Santalucia al 'Corriere' - nella difesa dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura occorra evitare ogni personalizzazione. Perciò è giusto che altri prendano le redini della rappresentanza". Santalucia inoltre, a proposito delle assoluzioni di Renzi e Salvini, sottolinea che "i giudici valutano prove e fatti ed emettono un giudizio in linea con quanto emerso dai processi. Ma un'assoluzione non significa che il processo non andava fatto; solo nei regimi illiberali, in cui i pubblici ministeri sono orientati dal potere e i giudici non si permettono di dissentire, i processi si concludono sempre con le condanne".
Sulle ipotesi di una riforma che faccia pagare i danni ai pm in caso di proscioglimenti, Santalucia rileva che "sono tutte forme surrettizie per arrivare all'esito sotteso alla separazione delle carriere di pm e giudici: controllare e condizionare il pm che, rischiando una richiesta di danni a fronte di un'eventuale assoluzione, finirà per chiedersi chi glielo fa fare".
Infine Santalucia ribadisce la contrarietà dell'Anm alla riforma della giustizia del governo che definisce "un progetto che serve a introdurre forme di condizionamento della magistratura. Lo dimostrano le reazioni alle sentenze di questi giorni, da dove si evince che la terzietà del giudice c'è già e funziona. Le polemiche giovano a perseguire il vero fine della riforma, che è il controllo soprattutto dei pm, per incidere sulla scelta di quali processi si debbano fare e quali no".