Cronaca

Addio ad Aldo Tortorella, l'ultimo comunista critico

Si oppose al cambio del nome Pci-Pds e alle bombe su Belgrado

Redazione Ansa

Addio ad Aldo Tortorella, il partigiano Alessio, come ha ricordato l'Anpi, ci lascia all'età di 98 anni. L'ultimo comunista "critico" appassionato di filosofia, giornalista e per anni direttore dell'Unità, con l'impegno politico nel Pci di Enrico Berlinguer. Fu tra i promotori della seconda mozione al congresso che nel 1991 portò al cambio del nome da Pci a Pds, dopo la svolta della Bolognina, ma rimase legato al nuovo partito sino al 1999, quando il governo guidato da Massimo D'Alema, mandò i caccia italiani a bombardare la Serbia con la Nato.

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17 Novembre 1990: Aldo Tortorella, Pietro Ingrao, Achille Occhetto e Ugo Pecchioli a Roma

 

Nato nel 1926 a Napoli, Tortorella crebbe a Milano, dove giovanissimo aderì alla resistenza clandestina. Catturato e imprigionato, fuggì rocambolescamente travestito da donna, e si trasferì a Genova, dove organizzò la Resistenza e scrisse sull'Unità clandestina, fino al 25 aprile 1945. Dopo la Liberazione proseguì l'attività giornalistica sull'Unità a Genova, e al tempo stesso riprendendo gli studi universitari: si laureò nel 1956 con Antonio Banti con una tesi su Spinoza, e l'anno dopo andò a dirigere l'edizione milanese dell'Unità. Qui inizia anche l'impegno diretto in politica, nel Pci, che lo portò a guidare la federazione milanese e poi quella lombarda. Poi il salto a Roma, dove dal 1970 al 1975 dirige L'Unità, per poi approdare per la prima volta in Parlamento nel 1991 dove vi rimarrà sino al 1994.

 

Enrico Berlinguer volle Tortorella in segreteria, affidandogli la responsabilità sulla Cultura. Un settore vicino alla sua sensibilità: strinse rapporti con intellettuali e scrittori. Rigorosissimo, preciso e attento ad ogni dettaglio, Tortorella assunse posizioni talvolta critiche con la segreteria Berlinguer. Dopo la morte del segretario proseguì il proprio impegno nel partito anche con Alessandro Natta, e con Achille Occhetto, con cui assunse l'incarico di Presidente del partito. Una prima cesura avvenne con la svolta della Bolognina del 1989, e il successivo congresso del febbraio 1991. Tortorella presentò con Natta e Pietro Ingrao la seconda mozione, contraria a quella del segretario Occhetto, la prima, che proponeva il cambio del nome. Tortorella promosse l'area dei "comunisti democratici" vale a dire la componente che rivendicava l'alterità del comunismo italiano rispetto a quello sovietico, e ne difendeva il profilo "democratico" e progressivo. Si affermò la linea di Occhetto ma Tortorella rimase nel nuovo Pds, diversamente dai sostenitori della terza mozione, quella di Armando Cossutta, che diedero poi vita a Rifondazione comunista.

 

Lo strappo definitivo avvenne nel 1999, quando il governo guidato da D'Alema aderì all'intervento Nato nella guerra in Kosovo. Iniziò allora una indefessa attività con l'Associazione per il rinnovamento della sinistra, e con sue interviste e interventi, in cui ha rivendicato la linea dei comunisti democratici, non in termini nostalgici, bensì nella sottolineatura di uno spirito di critica al sistema capitalistico e non in un semplice adattamento ad esso e nel suo governo.

Uno spirito critico che Tortorella faceva risalire all'ultimo Berlinguer, quello della questione morale. Da quella esperienza è nato anche il filone della sinistra ecologista (Di Giorgio Mele, Marco Fumagalli, Sergio Gentili, Gloria Buffo) che da una critica del modello capitalistico indicava come meta la transizione ambientale. E in una recentissima intervista alla rivista LiberEtà, Tortorella ha rilanciato "lo sforzo di Berlinguer nei suoi ultimi anni per creare una sinistra nuovamente critica verso l'esistente, classista e contemporaneamente moralmente robusta, femminista, ecologista, pacifista, esperta delle grandi possibilità, ma anche dei grandi rischi della rivoluzione digitale se in mani capitalistiche". "Se fosse stato ascoltato, la sinistra non si sarebbe sbiadita fino a scomparire come è accaduto", emerge da diversi commenti di chi lo ricorda. Un ricordo comunque forte, da Schlein a Occhetto, da Fassino a D'Amato, per citarne solo alcuni.

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