Cultura

La vera storia di Contessa (in musica)

Paolo Pietrangeli racconta come è nata la canzone simbolo di un'epoca

Redazione Ansa

E' un bel mestiere, tu la musica e le parole. Il tentativo, la speranza di avere “successo”, l'ansia, le prime audizioni, le inevitabili delusioni poi le prime commissioni, insomma un mestiere. Non è il mio mestiere.
Io non so scrivere canzoni.


Un milione di anni fa, chiuso in casa per una punizione dei miei genitori che mi impediva di uscire la sera, invidioso dei miei compagni che occupavano l'università giorno e notte, pieno di sensi di colpa nei loro confronti, ho sentito per la prima volta “L'urgenza”. L'urgenza è la insopprimibile necessità di dire, di raccontare qualcosa a qualcuno o anche a te stesso.


Federico Zeri, un grande storico dell'arte che frequentava abitualmente casa mia, mi aveva messo in testa la voglia, l'abitudine e la capacità di mettere insieme filastrocche, giochi di parole, il gusto delle parodie delle rime e delle assonanze.

Di giorno potevo uscire e nel bar Negresco di piazza Istria a Roma, vicino casa mia avevo avuto una questione con due clienti di quel bar che sventolavano un giornalaccio di allora, “La Luna”, che strillava in prima pagina e a tutta pagina questo titolo: “FIGLI DI PUTTANA”. I figli di puttana sarebbero dovuti essere secondo quell'articolo e quei due clienti del bar i miei compagni che occupavano l'università e quindi un po' anche io. Il sugo del loro chiacchiericcio era un concentrato di luoghi comuni; sentii il bisogno, l'urgenza appunto di rispondere.

Tre notti chiuso in camera tra le due urgenze e venne fuori una canzone. Il quarto giorno di prima mattina andai alla Sapienza per far conoscere ai miei compagni insonnoliti il frutto di quell'urgenza.

Molti mesi dopo, avevo conquistato la libertà, ero a Pisa per una manifestazione di quei “figli di puttana”. Eravamo tanti e si sfilava urlando slogan lungo il Lungarno. Improvvisamente dal fondo del corteo partì un canto che si allungò per tutte quelle gole fino a raggiungermi, superarmi e stordirmi. Mi misi su un lato della strada a vedere tutti quei ragazzi e quelle ragazze che cantavano Contessa. Niente radio né televisione né dischi ma solo un passaparola che nessuno e nemmeno io potevamo immaginare.
E' stato uno dei momenti più belli della mia vita.

Ho capito l'importanza della Urgenza.
L'urgenza non va d'accordo col mestiere se non per ragioni di fretta ma questa è un'altra questione. L'urgenza non si sposa con il tentativo di avere successo e con la volontà di scrivere canzoni l'urgenza ti spinge e basta poi tocca a te. L'urgenza è una spinta dell'anima se l'anima esiste. Se no è una spinta di qualche altra parte del corpo.
Caro Toni tu mi chiedi di scrivere qualche riga per raccontarti come faccio a scrivere canzoni e mi accorgo che questa premessa ti ha annoiato per più di qualche riga. In tutti questi anni l'urgenza mi si è incistata dentro. Mi metto a farfugliare parole sensa un senso prima, con un po' di senso poi, piano piano, e finalmente con un senso più compiuto. La chitarra mi aiuta perchè le sillabe portano dentro di sé delle note che si intrecciano lentamente anche quelle con nessun senso armonico poi con un po' di senso poi con un senso compiuto. Faccio degli accordi che seguono e esaltano le note ma sono accordi con posizioni particolari sulla tastiera della chitarra. Una volta finite, buttate fuori dall'urgenza esattamente come le parole, spesso me le scordo e devo chiedere a musicisti assai più bravi di me: “ Ma questo che accordo è?” la risposta può essere: “ La maggiore” oppure “ La maggiore nona o sesta” Ma non è mai il mio La maggiore o nona o sesta che sia e allora mi rimetto lì, chiedo aiuto all'urgenza, cerco di ricostruire. Non sempre l'urgenza risponde, fa un po' come le pare, bisogna avere pazienza come, ormai, con un vecchio parente.

L'urgenza non garantisce mai niente; non è che dà la certezza della qualità, si possono anche fare delle schifezze urgenti ma di una cosa ti garantisco io: belle o brutte che siano tutte le mie canzoni sono figlie dell'urgenza, dalla prima all'ultima.
Per questo non so scrivere canzoni e con questo ti saluto. Paolo Pietrangeli.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it