Lunedì 23 maggio Andrea Pazienza avrebbe compiuto 60 anni. Ne sono passati 28, da quel 16 giugno 1988 quando, a soli 32 anni, se n'è andato lasciando la traccia indelebile di uno dei geni più dirompenti del fumetto contemporaneo. In coincidenza con i 60 anni di Paz, per la prima volta la sua opera omnia viene raccolta in volume, più o meno un mese fa è stato aperto il sito ufficiale, www.andreapazienza.it, messo in rete "per rendere stabile la divulgazione del lavoro di Andrea attingendo a tutte le fonti possibili", come ha detto la moglie, Marina Comandini.
Ciò che continua a colpire dell'opera di Pazienza è la sua capacità di essere contemporanea mantenendo intatta la sua componente visionaria. E a sorprendere non è soltanto il fatto che siano passati quasi trent'anni dalla sua morte sciagurata ma anche, e soprattutto, la considerazione che il suo lavoro era profondamente radicato nella realtà del suo tempo, pochissimi sono riusciti a raccontare le vicende, i fermenti e i tormenti della stagione a cavallo tra gli anni '70 e '80. Era nato a San Benedetto del Tronto, era cresciuto a San Severo (Foggia), in Puglia, ma si era formato in quella Bologna degli anni '70 che è stata il principale laboratorio di idee, musica e nuove forme espressive dell'Italia dell'epoca. Grazie a un talento, una tecnica, una fantasia e un'inventiva narrativa miracolosi, il suo lavoro copre un arco espressivo enorme: basta pensare alle sue avventure come fondatore di riviste chiave per la storia del fumetto italiano come "Cannibale" e "Frigidaire", ai suoi eroi-icone come Penthotal e Zanardi (ancora oggi le sue battute sono citatissime), al "suo" Pertini, "ultimo esemplare di una razza di uomini duri ma puri come bambini", lo straziante Pompeo, le formidabili vignette, le favole e le filastrocche per i bambini, Riccardo Stella, l'Investigatore senza nome.
Per non dire delle sue opera da pittore, i manifesti per il cinema, per esempio"La città delle donne" di Fellini e le copertine degli album, come "Robinson" di Roberto Vecchioni. Una produzione copiosa che mescolava ironia e comicità al dramma, riflessione e satira sociale alla spietata autobiografia sull'onda di un momento in cui il fumetto italiano viveva una stagione straordinaria e piena di novità. Per usare una sua definizione, Andrea Pazienza aveva nei confronti del fumetto l'atteggiamento e l'approccio di una rockstar: ovviamente il discorso non è riferito al grande successo o ai suoi eccessi che sono parte della materia stessa del suo lavoro. Piuttosto alla sua capacità di reinventare un genere, mettendo una straordinaria consapevolezza e altrettanta capacità tecnica al servizio di un'immaginazione formidabile per spostare sempre più in là i confini di un linguaggio espressivo.
Pazienza raccontava la realtà, a volte in stretta connessione con l'attualità, ma finiva per parlare al futuro anche per la sua abilità di inventore di una vera e propria lingua che fondeva, spesso con irresistibile effetto comico, il dialetto con il vocabolario ufficiale. L'influenza che Paz ha esercitato ed esercita sulle nuove generazioni di fumettari è incalcolabile: nessuno può negare che sia stato lui, in Italia, ad aprire le porte a un certo modo di intendere i comics così come è innegabile il suo contributo al superamento dell'idea che il fumetto sia soltanto una forma minore di intrattenimento pop. Chissà se lui avrebbe apprezzato l'idea, ma di sicuro lunedì 23 maggio si celebra un maestro.