''L'anonimato dei post e dei messaggi garantisce ai vigliacchi una probabile impunità. Qui sta parte della spiegazione ma l'odio appare antico, radicato, è il segnale di sentimenti preesistenti che ora paiono esplodere'', e Silvia Garambois e Paola Rizzi li hanno messi in fila, in un elenco impressionante che porta a luce attacchi che nascono da situazioni diverse, ''fatti di cronaca, questioni di rilevante peso politico, atti di autentica criminalità''.
Come scrive Laura Boldrini nella prefazione ci sono ''tre elementi a fungere da brodo di cottura del virus della misoginia'', ovvero ''il permanere nel nostro paese di una radicata mentalità maschilista e patriarcale'', il secondo ''sminuire la gravità del sessismo derubricandolo a goliardia, a scherzo'', il terzo ''la banalizzazione e la sottovalutazione della pericolosità di ciò che avviene online''. Boldrini conclude quindi che ''se è vero che è auspicabile una regolamentazione internazionale, è pure vero che a livello nazionale non possiamo più aspettare nè lasciare sole le vittime di intimidazioni, minacce e violenze''. Si perchè in questo l'Italia ha la sua peculiarità, come spiega bene Elisa Giomi, commissaria Agcom, nel suo intervento. ''Ciò che ci distingue - scrive - è che ad utilizzare lo slut-shaming come arma contro le donne dal profilo pubblico non sono solo i comuni odiatori on e offline ma anche i personaggi pubblici stessi. Nel corso degli ultimi anni sono stati numerosi i politici e i giornalisti che hanno dato il via a vere e proprie campagne di slut-shaming a colpi di tweet, editoriali, e persino performance su veri e propri palcoscenici del mondo offline''. Lo scopo è ridurre al silenzio.
Le donne chiedono una risposta e questo libro racconta drammaticamente i casi che sono ancora cronaca di oggi. Ecco allora la storia di Angela Caponnetto, quella di Nunzia Vallini, o ancora di Monica Napoli, di Marianna Aprile, di Marilù Mastrogiovanni, di Antonella Napoli, di Elisabetta Esposito, che in altrettante interviste raccontano in prima persona le vicende di odio e di violenza che le hanno viste protagoniste. Un libro in cui oltre alle importanti testimonianze ci sono anche momenti di ricerca e di riflessione, dati, tabelle, approfondimenti su linguaggio, normative, reti globali, fenomeni. Tutto ovviamente con la consueta cura di Giulia Giornaliste, un gruppo nato nel 2011 per mettere insieme le donne che fanno informazione e vogliono farla in modo libero e che a partire dal Manifesto inziale promuove studi su questi temi. Silvia Garambois ne è la presidente. ''I tempi sono decisamente maturi - scrivono le autrici - perchè nelle redazioni online e offline si ragioni di moderazione dei social network, di team dedicati, di legislazione e di scorte mediatiche per la salvaguardia del lavoro di tutti e di tutte''.
Donne e hate speech, la rete d'odio
#STAIZITTA giornalista! di Garambois e Rizzi
