(ANSA) - ROMA, 28 OTT - Il sorriso di una Monica Vitti giovanissima, affacciata al balcone di Casa Papanice, in una foto degli anni '70. Per Paolo Portoghesi, una vita ancora oggi ricca di incarichi, idee, aspirazioni, progetti, i 90 anni hanno anche il sapore della tenerezza. Quella per la grande attrice con la quale quasi condivide il compleanno. "Entrambi del 1931, il 2 novembre io , il 3 lei", sorride l'architetto che domenica 31 ottobre si racconterà su Rai Storia, protagonista di "Domenica Con", in onda dalle 14 a mezzanotte.
Storie di architettura che in tanti momenti hanno incrociato l'arte, il teatro, il cinema, come fu per quella casa romana, costruita a metà degli anni '60 e diventata poi un set per tanti titoli della commedia all'italiana. Scola la scelse per il suo Dramma della Gelosia, protagonista proprio la Vitti. L'immagine di lei al balcone, tornata alla ribalta in questi giorni, fu scattata durante le riprese dall'imprenditore per il quale era stata progettata. "Monica l'ho conosciuta tanti anni fa ed è proprio un bel ricordo", racconta Portoghesi dal giardino maestoso della sua casa di Calcata, "una persona davvero speciale, così elegante, così garbata".
L'architetto parla al telefono in un'intervista con l'ANSA e ogni tanto si distrae, intorno a lui si percepisce un fermento di attività. "Mia moglie Giovanna ha voluto organizzare qui nel borgo una mostra delle mie opere", spiega, "e non è facile perché lo spazio è poco".
Il tempo stringe, la settimana di festeggiamenti è già piena di appuntamenti, il clou il 3 novembre, con la proiezione al Maxxi e poi in diversi istituti di cultura nel mondo proprio di Dramma della Gelosia, per un evento, organizzato da HALP (Humanitarian Aid Life Programs). Il 5 novembre un altro incontro, questa volta per una messa cantata nella chiesa di San Carlo alle quattro fontane, gioiello dell'amatissimo Borromini. L'11 novembre, la Facoltà di Architettura della Sapienza lo festeggerà con una mattinata in suo onore, il 13 la festa si sposta a Calcata per l'inaugurazione della mostra. Un turbinio che stancherebbe un trentenne, lui però non si scompone.
Accenna alla fatica di scegliere le opere per l'esposizione ("Che vuole non si è mai soddisfatti di quello che si fa") e mentre parla capisci che il segreto di questi novant'anni portati con assoluta leggerezza è forse proprio nella voglia di lavorare e di studiare che non l'ha mollato mai un solo istante.
"Si va avanti e si cambia- dice- l'importante è mantenere una coerenza". L'ultimo lavoro realizzato è del 2019, una chiesa, anzi la concattedrale di Lamezia Terme, un'opera che appare un po' la summa di tutte le sue riflessioni sul sacro, con gli svettanti campanili in acciaio corten che citano la Sagrada Famiglia di Gaudì e la facciata che quasi sembra abbracciare i fedeli invitandoli a entrare. "Ho cercato di tradurre in forme architettoniche le idee di papa Ratzinger sul Concilio, di mettere in pratica i dogmi della nuova liturgia", spiega.
Tant'è, la popolazione locale l'ha subito amata, tanto che il progetto dovrebbe ora estendersi con una risistemazione della piazza antistante: "il disegno è fatto, speriamo che riescano a realizzarlo", sottolinea ricordando il comune è appena uscito dal commissariamento.
In una vita professionale lunga quasi 70 anni, ci sono state altre chiese, a Terni, Vicenza, Calcata, Castellaneta, e poi le moschee, da quella di Roma del '95, che ha segnato un'epoca, fino alla più recente a Strasburgo, inaugurata nel 2012 . Tanto tempo lo ha dedicato all'insegnamento - alla Sapienza e poi al Politecnico di Milano di cui è stato rettore dal 1967 al 1979- e agli studi, agli scritti che hanno fatto epoca sul barocco e l'adorato Borromini (è del 2019 la revisione della sua monumentale monografia del 1967). Ma nel suo curriculum professionale c'è di tutto, dalle case ai giardini, dagli aeroporti ai centri congressi, dalla Torre del respiro a Shangai alla Corte Reale di re Hussein di Giordania, dal Teatro dell'Opera di Catanzaro al Cimitero di Cesena. E' stato presidente dell'Accademia di San Luca, è accademico dei Lincei, presidente della Biennale di Venezia dal 1984 al '93. E proprio alla Biennale di Venezia è legato oggi, un altro dei suoi ricordi, quello del lavoro condiviso con Aldo Rossi nel 1980 in occasione della prima Mostra di architettura, con la Strada Novissima e con il meraviglioso esperimento de Il teatro del mondo ("Io da direttore della mostra nell'inedito ruolo di committente"). Era il momento del post moderno, di cui Portoghesi in Italia è stato il principale esponente, con l'idea di stabilire un nuovo rapporto creativo con la storia e le tradizioni delle diverse civiltà. Anche le critiche, in questi decenni, non sono mancate. E succede allora che i 90 anni sono anche il tempo per prendersi una soddisfazione: "Perché quello che davvero mi fa piacere - confida- è vedere che c'è stata una rivalutazione: finalmente oggi si è capito che il post moderno è stato un movimento per liberarsi da una schiavitù. Per me il senso di una maggiore comprensione. E perché no, di rispetto per il mio lavoro". (ANSA).