Un manager Rai di lungo corso, da quasi sei anni alla guida della Radio che ha spinto sulla strada dell'innovazione e della riconquista del target giovane, e l'ex consigliere di amministrazione in quota Fdi, di formazione storico-umanistica, alfiere della costruzione di un nuovo immaginario italiano che passi anche attraverso la televisione pubblica. Sono Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, che le indiscrezioni indicano da settimane con maggiore insistenza come nuovo tandem al vertice dell'azienda, dopo le dimissioni di Carlo Fuortes, rispettivamente nei ruoli di amministratore delegato e direttore generale.
Nato a Roma nel 1960, laurea in Scienze politiche e Scienze delle Comunicazioni, Roberto Sergio approda in Rai nel 2004 dopo gli inizi carriera in Sogei e soprattutto in Lottomatica, che lascia da vicedirettore generale. A Viale Mazzini viene chiamato come responsabile dell'area Nuovi Media, incarico che svolge fino al 2007, quando diventa presidente di Sipra (poi Rai Pubblicità).
In questi anni è anche consigliere di amministrazione di Rai Net, Rai Click e Rai Sat. A settembre 2012 il passaggio a Rai Way come presidente; tre anni dopo l'approdo alla Direzione Radio, prima da vicedirettore, poi responsabile ad interim e da giugno 2017 direttore. Dal 2019 è nel cda di Player Editori Radio, dal 2020 di Rai Com.
Amico personale di Pier Ferdinando Casini, storicamente ritenuto di area centrista ma forte di un gradimento bipartisan, Sergio ha fatto sua la sfida della visual radio e della completa digitalizzazione degli studi, dei sistemi e dei processi produttivi. Obiettivo dichiarato: intercettare i giovanissimi, quei 15-24enni che fanno gola a tutti gli editori, più che mai di fronte all'invecchiamento dei target tradizionali. Altra prateria da attraversare, il mondo dei podcast, di cui ha allargato l'offerta anche a temi di economia, finanza, società.
Una volta in sella come nuovo Ad, Roberto Sergio dovrebbe chiamare accanto a sé, come direttore generale con deleghe operative, Giampaolo Rossi, eletto nel cda di Viale Mazzini nel 2018 in quota Fratelli d'Italia, molto vicino a Giorgia Meloni che - dopo aver protestato vivacemente due anni fa per la sua mancata conferma in consiglio di amministrazione - lo ha scelto come deus ex machina della nuova Rai. Quella che dovrà "garantire la pluralità delle narrazioni, il racconto della nostra nazione nelle sue diverse forme di espressione, garantendo il principio fondamentale della libertà", come ha spiegato lo stesso Rossi di recente agli Stati generali della cultura nazionale. L'unica egemonia da garantire, ha sottolineato in quella occasione, "è quella della libertà culturale" e la Rai "è il perno del sistema culturale del nostro Paese". E per "liberare la cultura da tutte le sue deformazioni e imposizioni" servono "coraggio, una visione e non aver paura degli immaginari".
Anche lui romano di nascita, classe 1966, laureato in Lettere alla Sapienza, già presidente di Rai Net, direttore del Master in Media Entertainment alla Link Campus University, docente di Teorie e tecniche dei linguaggi cross-mediali al Suor Orsola Benincasa di Napoli, nel consiglio di presidenza di Confindustria Radio Tv e nel cda di Rai Pubblicità, Rossi ha fatto discutere in passato per le sue prese di posizione critiche nei confronti di Mattarella sul suo blog che non è più stato aggiornato dal 2018, dove aveva anche espresso a suo tempo giudizi favorevoli su Putin.
Al nuovo tandem toccherà innanzi tutto definire i palinsesti della prossima stagione, che saranno presentati agli sponsor a luglio. Tra i primi nodi da sciogliere, i contratti in scadenza tra cui quello di Fabio Fazio.