Cultura

Confini e libertà, da Tatami a Garrone sbarcano i drammi a Venezia

Tra melò e gangster movie la realtà urgente di oggi

Foto di scena di Tatami

Redazione Ansa

I biopic, i melodrammi, il gangster movie, i thriller, persino una Frankstein donna e un dittatore vampiro: nel panorama di Venezia 80 che presenta un'apertura ai generi senza precedenti le urgenze contemporanee, i dolori brucianti, le angosce reali dove sono finite? Al giro di boa del festival ci sono, cominciano a farsi largo e a portarci non nel futuro apocalittico o nel Novecento o addirittura prima, ma nell'oggi, nel qui ed ora, pronti ad esplodere con Io Capitano di Matteo Garrone e Green Border di Agnieszka Holland, entrambi in concorso sul tema dei profughi. E non sono i soli a tenere teso, tra concorso e altre sezioni, il filo della cronaca, ad aiutarci a farci capire meglio in che tempi (terribili) viviamo sul fronte dei diritti, della libertà di circolazione prima che delle idee. C'è un tema forte di muri alzati e di confini, di passaporti stracciati e di fili spinati.
    E sarebbe strano che non ci fosse al cinema un riflesso di quello che accade nella vita non immaginata.
    A cominciare dagli applausi scroscianti, un'ovazione commossa, in sala per Tatami (sarà al cinema con Bim) del regista israeliano Guy Nattiv e dalla iraniana Zar Amir Ebrahimi, il primo film co-diretto, subito uno dei piccoli casi di Venezia 80. Con una protagonista d'eccezione, Arienne Mandi è la storia di una judoka minacciata dal regime iraniano che vuole costringerla a ritirarsi dai campionati mondiali in Canada per evitare la finale con una campionessa del 'paese occupante', Israele. Una storia ispirata a Sadaf Khadem, la prima donna pugile iraniana: si tolse il velo nel 2019 durante un incontro internazionale e per questo ebbe un mandato di arresto del suo paese. Sadaf era in sala, alla Darsena, una ragazzona sportiva con un coraggio gigantesco che si è rifugiata a Parigi ed è diventata una delle voci di supporto a Donna, vita, libertà. Un grido che ha risuonato anche sul red carpet con il flash mob cui hanno partecipato tra gli altri Jane Campion e Damien Chazelle.
    La libertà è quella soffocata dai talebani e filmata da Ibrahim Nash'at in Hollywoodgate (fuori concorso) in cui la telecamera è entrata nei capannoni lasciati a Kabul dagli americani ritiratisi il 31 agosto 2021 e ora occupati dai talebani.
    Nash'at ha avuto il permesso di entrare, per seguire un comandante di alto livello e un soldato, per documentare la transizione da milizia ribelle a regime militare: un ok 'embedded' come si dice in gergo, ma che comunque squarcia un velo dalle parti dell'emirato islamico. "In cambio di mostrare le immagini di quello che vogliono farmi vedere, negli interstizi cerco di mostrare quello che davvero ho visto - dice il regista - e poichè ero lì negli hangar tra armi e jet sono rimasto lontano dalle sofferenze degli afgani ma le percepivo ovunque senza capacitarmi dell'uso osceno del potere di questi uomini che venerano la guerra e il dolore che causa". Ha filmato di nascosto indicibili sofferenze e razzismo la polacca Holland sul confine della sua Nazione tra Bielorussia e Polonia, in una sorta di trappola in cui i rifugiati provenienti dalla Siria e dall'Africa che cercano di raggiungere l'Unione Europea si trovano nella palude geopolitica cinicamente architettata. Green Border, in concorso il 5 settembre, apre gli occhi e il cuore sulle vite dell'attivista Julia, della giovane guardia di frontiera Jan e di una famiglia siriana. "Non ha alcun senso impegnarsi nell'arte se non si lotta per quelle voci, se non si lotta per porre domande su questioni importanti, dolorose, a volte irrisolvibili, che ci mettono di fronte a scelte drammatiche. Questa è esattamente la situazione in atto al confine tra Polonia e Bielorussia", dice la regista. E sempre di Fortezza Europa parliamo con lo straziante Io Capitano di Matteo Garrone, in gara il 6, con l'odissea di due minorenni senegalesi - Seydou Sarr e Moustapha Fall - che con il sogno di arrivare in Italia come una terra promessa, salgono su un pullman pensando di fare una gita e si ritrovano con passaporti falsificati all'inferno, prima il deserto che non lascia scampo, poi tra le torture della mafia libica e poi tra i predoni di esseri umani, ossia quello che accade realmente. (ANSA).
   

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