L'industria del cinema "era ed ancora è abbastanza dominata dagli uomini, ma grazie a Dio il muro di Berlino del dominio di genere ora è crollato e sento che ci sono molte più possibilità. Abbiamo visto così tante grandi donne farsi avanti di recente, vincendo moltissimi premi come Chloe Zhao e Justine Triet e molte, molte altre. Quindi sono molto fiduciosa". Parola di Jane Campion, premiata al Locarno Film Festival con il Pardo d'onore Manor (viene assegnato alle personalità straordinarie del cinema, ndr) mentre a ottobre sarà a Torino per ricevere il Premio Stella della Mole.
La cineasta, Palma d'oro a Cannes con "Lezioni di piano" e due volte premio Pscar (per la sceneggiatura originale nel 1994 con "Lezioni di piano" e nel 2002 per la regia con "Il potere del cane") è reduce dall'impegno con la sua scuola pop up (un servizio educativo agile con le qualità dell'insegnamento strutturato, ndr) gratuita di cinema, che ha realizzato in nuova Zelanda con il sostegno di Netflix: un corso intensivo per il quale ha selezionato 10 aspiranti filmmaker fra 300 candidati.
"Restituire ciò che avevo avuto era davvero importante per me - ha spiegato parlando con i giornalisti a Locarno -. Ho pensato a come aiutare la generazione successiva e alla fine ho scelto questa strada. Ed era importante per me fosse gratuita per tornare a quando la politica nel mio Paese investiva soldi nell'istruzione. Io ho frequentato una scuola dove gli studenti ricevevano un sussidio per frequentarla... potete immaginare? Ed è stata fondamentale la formazione che ho ricevuto lì".
Dopo la scuola, "pensavo che non avrei più voluto fare niente e invece stanno emergendo alcune idee, alcune davvero sorprendenti che non posso ancora condividere, ma probabilmente andrò avanti", ha spiegato, confermando così le indiscrezioni secondo le quali avrebbe già un nuovo progetto in cantiere.
La regista è entusiasta che le donne nell'audiovisivo stiano aumentando non solo come registe ma per i mestieri del set: "Sento con loro non solo una sorellanza ma mi piacciono anche i loro film. Adoro vedere cosa fanno, e mi ispirano, ci divertiamo molto a parlare insieme. Penso ad esempio a Julie Ducournau e Justine Triet, che hanno vinto la Palma d'Oro a Cannes o anche Audrey Diwan che ha vinto il Leone d'oro a Venezia con il suo fantastico film (L'Événement) tratto da un libro di Annie Ernaux. Con Justine abbiamo chiacchierato su Zoom un paio di volte ed era realmente interessata a sapere cosa avrei fatto adesso. Mi sento come se fossi una specie di zia per loro".
Poi "c'è stata anche Greta Gerwig che ha raccontato la storia di Barbie e l'ho trovato fantastico, perché, per una volta, abbiamo un film che non è sui personaggi eroici della Marvel, ma una sorta di interpretazione umoristica, molto creativa e divertente della storia della bambola". E Greta "è la prima donna che ha davvero ricavato un enorme mare di soldi con il film, parliamo di miliardi, una cosa fantastica, perché vuole dire che alle donne su darà più fiducia per budget più alti nei loro film" sottolinea e sorridendo chiosa: "Dateci il portafoglio!".
Nel dialogo la regista torna anche al successo globale ottenuto da "Lezioni di piano": "Ci sono persone che mi dicono di considerarlo il miglior film che abbiano mai visto in vita loro, e sapete, sono neozelandese e non accettiamo bene i complimenti. È come se potessimo essere arrestati, se pensassimo troppo bene di noi stessi".
Poi "mi erano successe alcune cose molto difficili nello stesso momento in cui Lezioni di piano ha avuto successo, ho perso un bambino in quel periodo". Per molto tempo però "tutto quello che facevo era paragonato a quel film, ed era dura. Forse solo con Il potere del cane mi sono potuta liberare da quel peso". Comunque "ora sono davvero grata per la possibilità di aver potuto creare, grazie a Lezioni di piano, un legame così profondo con il pubblico".
Venendo a "Il potere del cane", "è stato elettrizzante avere un altro così grande successo così avanti nella mia carriera - racconta-. È stato un ingresso interessante nel genere western, perché adattando il romanzo di Thomas Savage, ispirato anche a fatti della sua vita, stavo parlando di un cowboy gay, un territorio che spesso si evita". Comunque "più che il genere mi interessava la delicatezza della storia personale".