Cultura

Delon e Belmondo, il sentiero dei destini incrociati

una vita allo specchio, insieme per l'ultima volta nel 1998

Redazione Ansa

"La Grande Boucle": così è noto il Tour de France, la gara ciclistica degli eroi. Anche la vita artistica parallela di Alain Delon e Jean-Paul Belmondo potrebbe chiamarsi "Il grande anello", un anello di incontri e scontri, epiche sfide e generoso rispetto, una corsa nel mito che oggi si chiude definitivamente con il saluto che il figlio di Belmondo rivolge a Delon, ricordando la sua commozione ai funerali dell'amico rivale nel 2021. Jean-Paul, nato d'aprile nel 1933, figlio di un francese d'Algeria, cresciuto alla periferia di Parigi, giovane promessa della boxe (che gli regalerà il naso schiacciato e la sfrontatezza del ring) e poi soldato in Algeria, fino ad approdare al palcoscenico e quindi al cinema nel '57.

Alain, volto d'angelo e ciuffo ribelle, nato nell'Alta Senna a novembre del 1935, ragazzo ribelle e irrequieto, andato militare in Indocina per poi accucciarsi nella Parigi di notte e scoperto dal cinema nello stesso '57 con "Godot" di Yves Allegret. Le loro carriere sembrano dipanarsi allo specchio: Bebel (come lo chiameranno gli amici della Rive Gauche) sbarca in Italia per "La ciociara" nel 1960 e poi torna a Parigi seguendo il richiamo del pigmalione Jean-Luc Godard per "Fino all'ultimo respiro". Delon si rivela nel '60 con "Rocco e i suoi fratelli" di Luchino Visconti, ma diventa un divo nello stesso anno con "Delitto in pieno sole" di René Clement. I due film escono quasi contemporaneamente e si dividono gli onori della critica e del pubblico.

Il primo (Belmondo) è l'enfant prodige della Nouvelle Vague, il secondo (Delon) restituisce onore al "cinéma de papà" con registi quali Clement, Verneuil, Christian Jacque. I due hanno in comune la boxe (Delon organizzerà molti combattimenti tra i professionisti), le donne (seduttori seriali entrambi), le cattive compagnie, l'amore per l'Italia e la passione per il noir o "polar" che trova in Jean-Pierre Melville il nuovo cantore (tre film con Belmondo, due con Delon).

Eletti subito a star della nuova generazione del cinema francese, i due si annusano a distanza, fatti rivali dalla stampa più che dalla realtà, finché Jacques Déray li riunisce nel 1970 in "Borsalino", un successo planetario che esalta le doti e le differenze tra il sornione Bebel e il corrucciato Delon. Reciteranno insieme altre quattro volte e sempre più evidente si mostrerà la chimica naturale dei reciproci stili. Amano e odiano il loro mestiere, l'uno scegliendo spesso la via della commedia, l'altro specializzandosi nel miglior cinema di genere. Hanno in comune il desiderio di mostrarsi "grandi" e per questo vengono amati da grandi registi come Visconti, Antonioni, Zurlini, Losey, ma anche Godard, De Sica, Resnais, Malle, Truffaut che li hanno diretti a più riprese. Reciteranno insieme per l'ultima volta nel 1998 per "Uno dei due" di Patrice Leconte e sarà uno spasso in comune. Poi la vecchiaia, la Palma d'oro alla carriera, l'ictus, la solitudine, l'ultimo sorriso. 

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