Cultura

Veronesi, Thoeni mi ha emozionato più di De Niro

Alla Festa di Roma il docufilm su 'La valanga azzurra'

Redazione Ansa

C'è stato un momento negli anni Settanta in cui il calcio fu messo parzialmente in ombra da un altro sport: lo sci. Era il tempo de 'La valanga azzurra' come racconta il docufilm omonimo di Giovanni Veronesi scritto da Lorenzo Fabiano, Domenico Procacci, Giovanni Veronesi, Sandro Veronesi con la consulenza di Luca Rea con Gustavo Thoeni, Piero Gros, Paolo De Chiesa e con la partecipazione di Ingemar Stenmark. Nel documentario presentato oggi al Rome Film Festival, nella sezione Special Screening, gli irripetibili anni '70 della nazionale italiana di sci alpino guidata dal mitico tecnico Mario Cotelli e capitanata da campioni come Gustavo Thoeni e Piero Gros.
    Una squadra che allora conquistò cinque Coppe del Mondo e numerose medaglie tra Olimpiadi e Mondiali. Nel docu le testimonianze inedite dei protagonisti grazie anche alle disincantate interviste di Giovanni Veronesi capace, di strappare confidenze, aneddoti e mettere in luce anche le inimicizie e idiosincrasie in questo gruppo di campioni.
    "Sin da ragazzino sono appassionato di sci - dice Giovanni Veronesi, dovevo fare lo sciatore ma a tredici anni mi sono fatto male in discesa libera e ho smesso. Quando ho pensato a questo documentario mi sono detto ora conoscerò finalmente i miei miti: Gustav Thoeni, Piero Gros, Erwin Stricker, Paolo De Chiesa... Siccome li conoscevo così bene pensavo quasi mi conoscessero anche loro comunque quando li ho incontrati ero più emozionato di quando ho incontrato De Niro".
    Dice un timidissimo e notoriamente poco loquace Gustav Thoeni sulla competizione che c'era allora in quella magica squadra: "Sicuramente ognuno cercava di essere piu veloce dell'altro, ma alla fine era uno stimolo che ci faceva migliorare tutti.
    Stavamo comunque sempre insieme, eravamo davvero molto uniti.
    Alberto Tomba e la sua generazione ha invece cambiato tutto. Era una persona particolare in tutti i sensi, anche atleticamente.
    In pochi anni ha fatto carriera passando dalla C direttamente alla A, ma la puntualità non era certo il suo forte".
    Dice infine Gros del declino della valanga azzurra dopo oltre dieci anni in cui sui primi dieci al mondo sette erano italiani: "Uno non può pensare di vincere in eterno, ho avuto la fortuna di aver esordito a diciotto anni e aver vinto le cose giuste e poi - conclude - ho avuto il grande privilegio di vivere quegli anni irripetibili". (ANSA).
   

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