Cultura

Franceschini, "Non farò controriforme, non serve"

In Parlamento lancia l'allarme organici, "A rischio il Know How"

Redazione Ansa

(ANSA) In una giornata di nuvole e di sole, con il governo giallorosso ancora una volta in tormento per la manovra, Franceschini presenta al Parlamento le linee programmatiche del suo nuovo mandato, il secondo, alla guida di Cultura e Turismo. E subito tende la mano al  predecessore pentastellato Alberto Bonisoli, lo ringrazia, smussa con abilità le polemiche che poco più di un mese fa avevano visto sulle barricate i due partiti ora alleati. "Ci sono stati dei correttivi, ma senza toccare i cardini della riforma", premette il ministro che non dimentica mai di parlare anche come capo delegazione Pd.

Certo, ci sono stati i decreti di agosto, che lui appena rientrato al Collegio Romano ha fatto bloccare, ma anche qui Franceschini smussa, parla di decisione "cautelativa", spiega di aver ascoltato i sindacati, si mostra aperto. Ad ascoltarlo e poi a fargli domande nella grande sala del Mappamondo ci sono del resto tanti esponenti dei 5stelle, che gli chiedono rassicurazioni e continuità. E anche uno Sgarbi in grande forma, che prima lo applaude per aver ottenuto due Raffaello in prestito dalla Francia e poi, sul tema Leonardo, si accapiglia venendo quasi alle mani con il collega Mollicone di Fratelli d'Italia, tanto da costringere il presidente Luigi Gallo (M5s) ad interrompere per dieci minuti la seduta.

Tant'è. Nelle sue indicazioni il ministro ferrarese va giù liscio, apre con un argomento caro agli alleati, quello della tutela dei beni e del paesaggio, si mostra paladino delle soprintendenze aborrite dall'ex collega di partito ed ex premier Matteo Renzi ("vanno tutelate, valorizzate, difese"). Poi però chiarisce che continuerà sulla strada intrapresa cinque anni fa, conferma la scelta delle soprintendenze uniche ("Hanno aiutato cittadini e imprese, casomai vedremo come ridurle geograficamente"), ribadisce le scelte fatte per i musei ("Un'esperienza che va rafforzata"), sottolinea la necessità di puntare come mai sulla "diplomazia culturale" (quella che lo ha aiutato a riportare la pace con i francese accettando lo scambio Leonardo-Raffaello e che oggi lo fa rallentare sulla conferma di Schmidt agli Uffizi per non mettere a rischio i rapporti con l'Austria), annuncia che porterà avanti la sua legge Cinema.

Anche su quella che definisce la sua sfida per il nuovo mandato si riconosce una comunanza con il mondo pentastellato: "Va bene il patrimonio, ma ora dobbiamo investire su quello che al ministero ancora non c'è, l'arte contemporanea, l'architettura, le industrie culturali e creative, la fotografia". C'è il nodo del turismo, che torna al Mibact dopo la parentesi all'Agricoltura voluta dalla Lega. L'Italia "meriterebbe un ministero ad hoc", dice, però mancano le risorse. Il decreto che decide il rientro delle competenze al Collegio Romano è all'esame del Parlamento, Franceschini forse anche per questo non si lancia in altri titoli. Sottolinea però le emergenze del suo ministero, innanzitutto l'investimento sulla sicurezza e sull'antisismico, la necessità di "migliorare la capacità di spesa". Ma soprattutto l'urgenza di assumere, anche qui in continuità con il predecessore Bonisoli. Del resto su questo non c'è tempo davvero da perdere: "Ci sono 4mila carenze in organico ed è un problema destinato a crescere", fa notare il ministro, c'è il rischio di perdere tanto prezioso know how. E' proprio il suo predecessore a fine giornata a fargli notare che ci sono già pronti due concorsi e anche le risorse per farli. Almeno sulle questioni di cultura la pace nel governo sembra realtà. Anche Sgarbi e Mollicone, dopo gli insulti, si sorridono.

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