"Signor Presidente, ci ascolti". Arriva dalle firme dell'architettura, in prima linea i coniugi Fuksas con lo studio fiorentino Archea, da un mese al lavoro con le eccellenze della medicina ed esperti di informatica, un appello al capo dello Stato Mattarella perché l'Italia cominci davvero a ragionare oltre l'emergenza, sul futuro di una società costretta a convivere con il rischio di pandemie. Quattro punti di riflessione, spiegano all'ANSA Massimiliano Fuksas e l'architetto Laura Andreini di Archea, che vogliono essere la base per la messa a punto di una serie di indispensabili linee guida da affidare alla politica. Un lavoro che parte dalla considerazione che "salute, economia e habitat sono parti integranti della nostra vita quotidiana", ragiona Fuksas, e che immagina le case e gli ospedali del domani sempre più connessi le une con gli altri. Mentre ripensa le abitazioni in funzione di una vita molto più integrata dalla tecnologia e forse meno mobile di quanto lo è stata per tutti noi fino a poche settimane fa.
"In questi decenni abbiamo spogliato le nostre case dei servizi, le abbiamo ridotte all'osso, vissute come alberghi proiettando fuori tutte le nostre attività", dice l'architetto Andreini, che da due mesi come tanti italiani deve districare la sua vita tra lo smart working e le lezioni come professore universitario con la presenza in casa e le esigenze di due figli ancora bambini. "Ora questo andrà ripensato. Le nostre case dovranno essere più sicure, ma anche più accoglienti". La casa di domani come un rifugio piacevole e connesso quindi, ma anche come un posto salubre e adatto ad ospitarci se ci ammaliamo o se veniamo attaccati da un virus come il Covid senza dover oberare subito gli ospedali. "Il primo punto è proprio questo", spiega allora Fuksas introducendo il ruolo dei luminari medici già entrati in squadra, dal chirurgo Ottavio Alfieri, per 20 anni direttore della cardiochirurgia dell'ospedale universitario San Raffaele di Milano, a Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute (DRI) and Cell Trasplant Center dell'Università di Miami, e Michele Gallucci, direttore della Clinica Urologica dell'Università La Sapienza di Roma. Che fare allora? Il primo passo, immaginano insieme architetti e medici, è dotare tutte le abitazioni di un kit con le poche cose indispensabili per il pronto soccorso, dal "termometro al saturimetro, a un attacco per erogatore di ossigeno, una telecamera, uno smartphone o un computer di collegarsi con una struttura sanitaria territoriale".
Il secondo vede il ripristino di una sanità "diffusa sul territorio sul modello tedesco", una rete per la salute, insomma, che davvero funzioni. Anche le case però dovranno cambiare, diventare "spazi più flessibili", dice Andreini, "con spazi comuni nei palazzi, dove possibile anche un intero piano da poter attrezzare per lo smart working e lo smart learning e se necessario riconvertire per l'isolamento e l'assistenza dei malati". E poi presidi diffusi per le sanificazione dei luoghi, "la possibilità per tutti di sanificare il proprio bagno anche con una semplice lampada a raggi Uv". "Importantissimo" anche un ripensamento del trattamento dell'aria condizionata. Visto che "molti dei problemi legati alla diffusione delle epidemie sono causati anche dal dissennato utilizzo del trattamento dell'aria", indicano i professionisti a Mattarella, bisogna rivedere il sistema della circolazione dell'aria interna agli ambienti. Intervenire su condotte e sistemi di areazione, insomma, perché non si rischi più di ammalarsi di broncopolmonite o di Covid con un viaggio in aereo o una notte in hotel, perché luoghi pubblici e supermercati, ma anche treni e metropolitane non siano un pericolo. Già, ma dove partire? Come districarsi in un paese in cui l'edilizia è al palo, in cui da decenni non si investe in tema di residenza pubblica? "Il primo passo è la volontà", rispondono concordi Fuksas e Andreini. "Anche per questo la nostra è una lettera aperta - dice Fuksas - siamo pronti alla partecipazione di tutti".
Certo dispiace, sottolinea Andreini, "che non ci sia un architetto nella task force i governo per la fase 2". Ma rimediare si può sempre, così come "partire dalle piccole cose", dagli interventi più semplici. L'importante, chiedono a Mattarella, è agire e mettersi al lavoro tutti subito. La squadra comunque non si ferma. "Il nostro, è vero, è un Paese che su tante cose è ancora indietro, ma questa deve essere una ripartenza, come fu per la ricostruzione del dopoguerra. Uniamo forze e competenze per dare agli italiani la speranza del futuro".
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