PARIGI - Prima tv a Parigi per un documentario sull'incredibile vicenda del "Salvator Mundi", opera che era stata attribuita a Leonardo da Vinci ma che secondo l'opinione attuale degli esperti non fu dipinta dal grande genio del Rinascimento italiano. A pagarla, al prezzo più alto mai sborsato per un'opera d'arte, 450 milioni di dollari, è stato il principe saudita Mohammed bin Salman.
Il documentario, realizzato in due anni di inchiesta dal giornalista e scrittore Antoine Vitkine, è stato anticipato in esclusiva al settimanale L'Obs. Bin Salman, emerge dal documentario, fu protagonista - anche se anonimo perché all'asta di Christie's a New York a rilanciare era un intermediario - di un'acquisizione memorabile, con rilanci "a colpi di 20 milioni". Era il novembre 2017 e il quadro era presentato come di Leonardo, negli opuscoli della casa d'aste ne veniva riassunta per sommi capi la genesi e la storia. I dati più recenti fanno emergere un modesto mercante d'arte newyorchese, Robert Simon, che lo compra all'asta nel 2005 per 1.175 dollari. "Sapevo solo che avevo a che fare con un'opera antica, qualcosa con un potenziale", racconta. Per questo affida il quadro, piuttosto malmesso, persino ritoccato, all'amica restauratrice Dianne Modestini, che ci lavora ed accede a quello che resta dell'immagine originale. "E' il da Vinci perduto", sentenzia la restauratrice rimirando il quadro del Cristo che con una mano benedice e con l'altra regge la sfera del mondo. La convince soprattutto un'impronta del palmo sinistro, secondo lei opera certa del "mancino" Leonardo. Convince Simon di avere in mano il quadro della sua vita.
Musei di mezzo mondo non sono convinti, uno spiraglio si offre a Simon a Londra, con l'interesse della National Gallery. Cinque esperti esaminano il quadro e propendono per un'opera con partecipazione di Leonardo, soprattutto nella mano destra del Cristo, ma domina lo scetticismo. A difenderne la paternità leonardiana a spada tratta è il solo Martin Kemp, un esperto controverso e molto mediatico, la cui opinione sarà poi la base della vendita da Christie's nel 2017. Il quadro è comunque affascinante, la discussione si infiamma, alcuni ci vedono la mano della Modestini e arrivano a ironizzare sull'opera definendola "un Leonarstini".
Quando arriva da Christie's nel 2017, il Salvator Mundi è oggetto di dispute feroci ed è già passato di mano in mano, da un oligarca russo, trasferito a Singapore, proposto al Vaticano, ai Bush, a imprenditori cinesi, texani, arabi. Nel documentario si esplorano le ipotesi che hanno condotto bin Salman a spendere mezzo miliardo di dollari per regalarsi un capolavoro dell'arte cristiana: dalla concorrenza con l'avversario qatariota, che colleziona Gauguin, Cezanne e altri capolavori, al gesto clamoroso per la sua incoronazione. Ma di fronte al mancato riconoscimento da parte del Louvre dell'autenticità della mano dell'autore, il principe saudita - secondo il documentario - ha tentato di trasformare il suo capriccio in una "trovata geopolitica", girando il quadro alla filiale del Louvre di Abu Dhabi. Ancora oggi, e nonostante la notizia sia di pubblico dominio, il potere saudita non ha mai ufficialmente dichiarato che Salman è il proprietario dell'"ultimo da Vinci".
Trattative febbrili si susseguirono nel 2019, quando sembrò che il controverso quadro potesse essere finalmente esposto alla grande mostra dedicata a Leonardo al Louvre con pressioni per far apparire l'opera al fianco della Gioconda per una "consacrazione" diplomatica. I francesi non certificarono l'autore, al massimo si poteva arrivare a una firma di "Leonardo da Vinci e il suo atelier". Bin Salman rifiutò il prestito e nessuno è più riuscito a sapere con certezza dove si trovi il Salvator Mundi. Si dice a bordo del "Serene", lo yacht da 458 milioni del principe, altri propendono per la cassaforte di una banca in un porto franco. Un quadro di "Leonardo e atelier" è quotato, sul mercato dell'arte, al massimo a una ventina di milioni di euro.
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