(ANSA) - ERCOLANO, 15 OTT - Lo scheletro parzialmente
mutilato di uomo che la valanga di fuoco e gas sputata dal
Vesuvio in eruzione ha fermato a un passo dal mare e dal
miraggio della salvezza. A 25 anni dagli ultimi scavi, arriva
da Ercolano, documentata in esclusiva dall'ANSA, una scoperta
che potrà portare nuova luce sugli ultimi momenti di vita della
cittadina seppellita come la vicina Pompei dall'eruzione del 79
d. C. "Un ritrovamento da cui ci aspettiamo moltissimo",
sottolinea il direttore Francesco Sirano, dal 2017 alla guida
del Parco Archeologico. Mentre il ministro della cultura
Franceschini parla di "scoperta sensazionale". "E' una
bellissima notizia innanzitutto perché il ritrovamento è dovuto
alla ripresa in questo luogo, dopo tanti anni, di uno scavo
scientifico condotto dal personale tecnico del ministero",
sottolinea. Il teatro è quello dell'antica spiaggia della
cittadina, lo stesso luogo dove negli anni '80 e '90 del
Novecento, vennero riportati alla luce, ammassati nei piccoli
magazzini affacciati sull'antico arenile, i resti di più di 300
fuggiaschi che avevano cercato riparo nell'attesa di essere
portati in salvo dalla flotta di Plinio il Vecchio. I nuovi
scavi, che hanno impegnato per settimane gli archeologi del
Parco, sono legati all'allestimento di un percorso che
consentirà ai visitatori di raggiungere la monumentale Villa
dei Papiri ripercorrendo quella che nella città antica era la
passeggiata sul lungomare e che ancora oggi rimane l'unico
fronte a mare completamente conservato di una città romana. I
resti dell'uomo, un maschio di età matura che secondo i primi
esami antropologici dovrebbe avere avuto tra i 40 ed i 45 anni,
sono stati trovati alla base dell'altissimo muro di pietra
lavica che oggi chiude l'antico fronte a mare. Era riverso con
la testa all'indietro in direzione del mare e circondato da
pesanti legni carbonizzati, persino la trave di un tetto che
potrebbe avergli sfondato la testa. Le ossa appaiono di un
rosso acceso, "è l'impronta lasciata dal sangue della vittima",
dice, spiegando che si tratta di una conseguenza del
particolarissimo processo di combustione provocato a Ercolano
dalla corrente di magma, cenere e gas arrivata dal Vesuvio.
(ANSA).
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