(ANSA) - ROMA, 20 NOV - La Dacia come "ultima frontiera della
Romanità" ma anche, e forse ancora di più, come simbolo di
quella fusione di civiltà che è alla base del patrimonio
culturale europeo.
C'è un filo che collega il nucleo dell'Antico Continente e lo
riavvolge fino agli albori dell'antichità dove un comune
patrimonio etno-culturale è un ponte che collega, attorno alle
coordinate geografiche dell'attuale Romania, Mediterraneo e
Balcani, Oriente e Occidente.
Sono circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei rumeni, oltre
che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova,
per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo
Nazionale Romano: tra questi il Serpente Glykon da Tomis, una
spettacolare raffigurazione in marmo del 'demone' he guarisce
dalle epidemie e il magnifico elmo d'oro di Cotofeneşti, un
reperto prezioso e singolare, un copricapo principesco che molto
probabilmente era un'offerta alle divinità e che data a metà del
V secolo a.C., molto prima della conquista romana che fece della
Dacia una provincia, all'inizio del secondo secolo d.C..
La mostra, il cui percorso si apre con calco di una scena
scolpita sulla Colonna Traiana che ritrae tre arcieri Daci che
tengono sotto tiro i Romani assediati, racconta però molto di
più della trasformazione di una parte della Dacia in provincia
romana: gli oggetti, per lo più molto preziosi, ci parlano dei
loro antenati geto-daci e della sopravvivenza della civiltà
anche dopo l'abbandono del territorio da parte dell'esercito
romano. Anche se, nota uno dei due curatori della mostra, Ernest
Oberlander, direttore del Museo Nazionale di Storia della
Romania, "i romeni sono tuttora gli unici antichi abitanti
dell'Impero Romano, ad eccezione dei reto-romanci svizzeri, che
si chiamano ancora 'romani'". (ANSA).
L'ultima frontiera romana ed europea, l'antica Dacia in mostra
A Roma mille reperti provenienti da 47 musei della Romania