Un "gigante della scena culturale italiana", "guida per generazioni di storici dell'arte", "genio del restauro della Basilica di Assisi", ma anche raffinato divulgatore e vero uomo delle istituzioni. In tanti oggi hanno voluto ricordare, evidenziando le mille sfaccettature della sua carriera, Antonio Paolucci, tra i massimi storici dell'arte in Italia, scomparso ieri a 84 anni a Firenze, città a cui aveva legato la sua vita.
Un'esistenza votata alla cultura, durante la quale è stato tra l'altro soprintendente del Polo museale del capouologo toscano, ministro dei Beni culturali dal 1995 al 1996 nel governo di Lamberto Dini, guida dei Musei Vaticani. Ruolo quest'ultimo per il quale Papa Francesco, nel telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, parla di servizio "generoso e competente", svolto da un "apprezzato cultore dell'arte". "L'Italia perde un uomo di cultura appassionato e rigoroso, un instancabile studioso", le parole del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Nato a Rimini il 29 settembre 1939, Paolucci si laureò a Firenze in storia dell'arte con Roberto Longhi e iniziò la carriera, come disse lui stesso, come "piccolo ispettore di provincia" nel capolugo toscano. Seguirono poi dal 1980 al 1986 le soprintendenze di Venezia, Verona e Mantova. Fu poi direttore dell'Opificio delle Pietre dure, soprintendente del Polo museale fiorentino, direttore per i beni della Toscana e direttore 'pro tempore' della Galleria degli Uffizi. Costretto alla pensione per sopraggiunti limiti di età nel 2006, ringraziò Dio per "aver potuto svolgere per circa 40 anni l'attività che mi piaceva di più". L'anno successivo venne nominato direttore dei Musei Vaticani. Paolucci è stato protagonista anche di due emergenze: quella successiva all'attentato all'Accademia dei Georgofili nel 1993, che provocò ingentissimi danni agli Uffizi, e, da commissario straordinario, la ricostruzione della Basilica di San Francesco ad Assisi dopo il terremoto, per la quale ricevette la cittadinanza onoraria.
Considerato un grande innovatore nel mondo dei beni culturali, puntò alla loro valorizzazione e divulgazione, oltre che alla conservazione. Andando in pensione si vantò del fatto che al suo arrivo alla soprintendenza fiorentina "i musei statali, tranne gli Uffizi, chiudevano alle 13: bene, oggi rimangono aperti anche il pomeriggio". A Firenze, è ricordato tra l'altro per aver salvato l'eredità dell'antiquario Stefano Bardini, per aver progettato i Nuovi Uffizi e partecipato alla commissione che premiò la Loggia di Isozaki. E' stato un raffinato divulgatore - ha scritto libri e sui giornali ed ha raccontato ai telespettatori i principali musei d'Italia - ma anche una voce critica e indipendente che non si è mai sottratto al dibattito pubblico. Come quando mise in guardia la città sul fatto che una crescita sregolata del turismo avrebbe ridotto Firenze a una sorta di Disneyland del Rinascimento. "Il più politico degli storici dell'arte" lo ha definito Vittorio Sgarbi.
Il funerale domani nella Basilica della Santissima Annunziata a Firenze
Morto Antonio Paolucci, tra i massimi storici dell'arte
Fu soprintendente musei Firenze e ministro dei Beni culturali