Cultura

'È opera mia', Puccini orgoglioso delle sue fotografie

Alla Fondazione Ragghianti la passione sconosciuta del musicista

Redazione Ansa

 "È opera mia", Giacomo Puccini annotò così a mano sulla cartolina che riproduceva un suo scatto, inviata nel 1907 a un amico pittore. Una sorta di rivendicazione agli albori del Novecento della sua fotografia come forma d'arte, al pari della pittura, da parte del compositore di Tosca, Madama Butterfly e Manon Lescaut.
Lo spartito del mondo del musicista toscano, dunque, non era fatto solo delle note che hanno descritto i tormenti e le passioni dell'animo umano nei suoi capolavori indimenticabili ma anche delle immagini che amava fissare con la sua macchina fotografica, una Kodak panoramica prodotta a partire dal 1899. A documentare questo aspetto inedito di uno dei giganti del melodramma è la Fondazione Ragghianti di Lucca che ha riunito nella sala dell' affresco del Complesso di San Michieletto una novantina di scatti originali presentandoli per la prima volta nella mostra Qual occhio al mondo. Puccini fotografo, con ingresso gratuito dal 16 febbraio all' 1 aprile. "Questi scatti vintage finora sconosciuti ci raccontano il mondo visto dall' occhio del compositore in modo mai banale, non sono le foto di viaggio di un turista ma spesso hanno il guizzo dell'opera d'arte", dice all' ANSA Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione e curatore della esposizione con Gabriella Biagi Ravenni e Diana Toccafondi.
Puccini era attratto in particolare dalla natura dei luoghi che conosceva bene, Torre del Lago, l'Abetone, la Maremma, Ansedonia, il lago di Massaciuccoli. '"Le sue foto di paesaggi hanno un che di poetico, qualcosa che rimanda allo stile della fotografia pittorialista ma sapeva anche essere ironico come quando ritrasse la moglie Elvira in Egitto facendola sedere su un sarcofago" osserva Bolpagni. Da quel viaggio Puccini non portò a casa le immagini di sfingi, piramidi o monumenti ma persone e paesaggi. Proprio la fotografia, tra l'altro, gli fu utile a volte per la messa in scena dei suoi drammi in musica.
Pensando alla prima della Fanciulla del West a New York nel 1910 fece foto ai boschi dell'Abetone e le mandò agli scenografi per dare l'idea di cosa voleva. A colpire, in particolare, è uno scatto senza data, il Canale della Bufalina a Torre del Lago che doveva essergli tanto cara da finire nel suo album, ora esposto in mostra come la sua Kodak.
Le foto, realizzate perlopiù con la tecnica dell'aristotipia (la stampa su carta al collodio), provengono dallo sterminato archivio della Fondazione Simonetta Puccini, intitolata alla nipote del musicista, morta nel 2017, che gestisce anche la villa museo di Torre del Lago. In questa marea di materiale era stato individuato un filone di fotografie che non erano state analizzate. Con il contributo anche del Centro Studi Puccini di Lucca la Fondazione Ragghianti ha condotto quindi un lavoro di squadra per "mettere a fuoco" la passione rimasta nascosta del musicista e raccontarlo anche con i suoi ritratti fatti da altri e immagini che lo descrivono nella sua dimensione privata, con parenti e amici in momenti della vita di tutti i giorni. Di suo fa sorridere quella foto in verticale dei dintorni diel borgo di Chiatri con la ''firma'' inconfondibile del compositore, la sua ombra in basso a destra con il cappello sulle ventitré. 
   

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