(di Antonella Brianda)
(ANSA) - TEMPIO PAUSANIA, 16 NOV - L'imponente portone di
legno su cui svetta il disegno, un poco sbiadito, dell'antico
stemma di Tempio Pausania, comune dell'Alta Gallura, si apre a
fatica. Il peso del tempo si fa sentire.
Ma è quando si alza lo sguardo che si viene rapiti da ciò che
le pareti, tutte intorno alla grande sala, custodiscono da
decenni: alcuni tra i capolavori del maggiore rappresentante
della pittura sarda e nazionale del Novecento, Giuseppe Biasi,
sono appesi lì, visibili al pubblico sempre, gratuitamente. Le
sue donne sarde in abiti di tutti i giorni, i contadini
raffigurati nel duro lavoro dei campi con i loro buoi e i loro
aratri, il fanciullo che suona l'organetto, sono sotto gli occhi
di chi entra dentro quella che un tempo era la zona d'attesa di
una delle più importanti stazioni ferroviarie a scartamento
ridotto del nord della Sardegna: collegava Tempio Pausania con
la città di Sassari e con Palau, sulla costa nord orientale.
Oggi quel collegamento giornaliero si è interrotto, ma rivive
nel periodo primaverile ed estivo grazie al Trenino Verde, una
linea che ripercorre il tracciato da Tempio fino a Palau con
alcuni vagoni restaurati e fatti viaggiare come un tempo sulla
kinea a scartamento ridotto. Un vero e proprio museo, nel cuore
della cittadina tempiese, che mai ci si potrebbe aspettare, con
capolavori molto quotati e apprezzati dagli estimatori e
collezionisti d'arte. All'inizio degli anni Trenta, Biasi
realizza in Italia una serie di interventi decorativi e tra
questi vi è la stazione ferroviaria in Gallura. Commissionata
nel 1930 e ultimata in dieci mesi, rappresenta l'unico esempio
di decorazione pittorica di Biasi oggi accessibile al pubblico.
Lo sa bene uno dei maggiori collezionisti delle sue opere,
Luigi Angius, sassarese. Da anni è uno degli esperti conoscitori
dell'opera pittorica di Biasi, suo compaesano. È lui che
conserva nella sua collezione privata alcune tra le opere più
affascinanti e ricercate dell'artista. E tra queste spicca
"Serenità". "È un dipinto al quale sono molto legato, - racconta
Angius all'ANSA - perché è stato molto difficile farlo ritornare
in Sardegna. Dopo la Biennale di Venezia nel 1928, in cui venne
esposta, la tela non era mai più stata mostrata al pubblico.
Quando l'ho riportata in Sardegna nella mia collezione, ho
voluto esporla una volta, nella mia galleria".
Angius parla della sua passione per il lavoro pittorico di
Biasi con un tale trasporto che non può lasciare indifferenti:
"Quello che fa innamorare delle sue pitture è l'atmosfera che
crea, una composizione data dall'uso dei colori e delle
pennellate che ti conquista subito. Si rimane incantati quando
le si guarda. È Biasi ad aver creato il filone dell'arte sarda
del '900, perché tanti artisti si sono poi ispirati a lui e con
lui hanno lavorato. Pittore modernissimo, Biasi era molto
aggiornato su ciò che succedeva all'epoca all'estero,
ispirandosi molto a Gustav Klimt nelle sue opere degli anni
'10".
Inseriti sopra la pannellatura in legno che riveste le
pareti, i dipinti corrono tutt'intorno alla sala della
biglietteria della stazione ferroviaria di Tempio, componendo un
lungo fregio. I temi sono quelli cari all'artista: le donne di
Osilo, i bevitori, i lavoratori dei campi e le donne che
prendono il caffè. Di quest'ultima tela però, non vi è più
traccia. Legata alla sua presenza vi è infatti una sorta di
leggenda che vuole il dipinto trafugato durante i lavori di
restauro delle opere. Se gli altri pannelli dopo la rimessa a
nuovo vennero tutti reinstallati, di quel quadro si sono perse
le tracce, quasi si fosse volatizzato. Di lui restano solo degli
accenni e delle descrizioni su vecchi cataloghi d'arte e uno
spazio vuoto in una parete della sala. (ANSA).
Il museo nell'ex stazione di Tempio, tuffo negli anni '30
La sala d'attesa impreziosita dai dipinti di Giuseppe Biasi