Suppellettili e vasellame, quattro specchi in bronzo, uno dei quali con l'antica divinizzazione di Roma e della lupa che allatta soltanto Romolo, un balsamario contenente ancora tracce organiche del profumo utilizzato in antichità, un pettine in osso, vasi in bronzo e terracotta comunemente utilizzati dalle donne etrusche durante banchetti e simposi. Sono parte di uno dei "più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato" durante un'azione investigativa che ha consentito il recupero di otto urne litiche etrusche e due sarcofagi, con il relativo corredo funerario di età ellenistica del III secolo a.C.. Un'operazione nata grazie ad una complessa attività di indagine svolta dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale coordinati dalla Procura di Perugia, che ha portato al sequestro di questi numerosi reperti in perfetta conservazione e ritenuti di "eccezionale valore storico e artistico". Ed anche monetario: il "bottino" recuperato varrebbe infatti almeno 8 milioni di euro.
Le urne, tutte integre, sono in travertino bianco umbro, in parte decorate ad altorilievi con scene di battaglie, di caccia e con fregi, alcune delle quali conservano pigmenti policromi e rivestimenti a foglia d'oro, altre con la raffigurazione del mito di Achille e Troilo. Dei due sarcofagi, uno è al momento rappresentato dalla sola copertura e l'altro completo dello scheletro del defunto, anzi di una defunta. Secondo le prime ricostruzioni degli archeologi del ministero della Cultura tutti i beni farebbero parte di un unico contesto funerario, una tomba a ipogeo riconducibile a una importante famiglia del luogo, i "Pulfna". Il recupero è il frutto di un'attività investigativa avviata lo scorso aprile, dopo una comunicazione dei Carabinieri del Tpc che segnalava un possibile scavo abusivo nella zona fra Chiusi e Città della Pieve e che partiva dall'acquisizione di fotografie che circolavano sul mercato illecito dell'arte. Grazie alla collaborazione di un docente dell'Università di Roma Tor Vergata è quindi stata ipotizzata la provenienza dei reperti a una necropoli etrusca, verosimilmente del territorio chiusino. Una pista che ha portato ad un vecchio rinvenimento fortuito, già denunciato nel 2015 a Città della Pieve: un agricoltore, durante i lavori di aratura del terreno, si era imbattuto in un ipogeo etrusco contenente quattro urne funerarie e due sarcofagi riconducibili alla gens Pulfna, proprio lo stesso patronimico presente su alcune delle urne raffigurate nelle fotografie intercettate. Tuttavia, mentre l'ipogeo dei Pulfna scoperto nel 2015 era costituito da sepolture maschili, le immagini reperite dagli investigatori raffiguravano prevalentemente principesse etrusche.
Le indagini sono state quindi concentrate nei luoghi limitrofi al primo ritrovamento. Ed hanno portato in direzione di un imprenditore locale, titolare di una società in grado di svolgere anche movimento terra, che possedeva, tra l'altro, terreni adiacenti a quelli in cui era stato scoperto nel 2015 l'ipogeo. Sono quindi state avviate intercettazioni telefoniche, pedinamenti e osservazione anche con l'utilizzo di un drone. Che hanno portato all'individuazione di due possibili responsabili, nei confronti dei quali si procede ora per i reati di furto e ricettazione di beni culturali. Si tratta, ha commentato il procuratore generale di Perugia, Raffaele Cantone, di un sequestro importante anche "dal punto di vista delle indagini, perché bisogna dare atto al Comando Tutela Patrimonio Culturale di aver avuto una grande attenzione proprio sul web, perché ormai attraverso il web vengono individuate le principali notizie di reato".
A lodare l'attività del nucleo è stato anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ha sottolineato quanto il loro lavoro contribuisca a ricostruire quei "fondamentali frammenti" che, tassello su tassello, contribuiscono a " formare la nostra identità nazionale". Il contrasto di questi illeciti, ha evidenziato il comandante del nucleo operativo Tpc, Francesco Gargaro, risulta fondamentale per combattere la "piaga" dello scavo clandestino da cui si sviluppa il mercato clandestino dell'arte che "ha propaggini nazionali, ma soprattutto risvolti sicuramente internazionali".
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