Cultura

Nuove scoperte a San Casciano, dal fango oro e serpenti

Ancora statue, monete, gioielli. Gli archeologi: "Sorpresa infinita"

Redazione Ansa

Due scintillanti corone, gioielli, casse di rilucenti monete. Insieme a nuove, straordinarie, statue di bronzo restituite dal fango, è l'oro l'ultima sorpresa di San Casciano dei Bagni. Un tesoro di oggetti e di iscrizioni che si accompagna ancora una volta a storie e intriganti misteri: perché nel fondo della vasca del Bagno Grande, che fu etrusca e poi romana, gli archeologi che oggi insieme al ministro della Cultura Giuli e al capo del dipartimento archeologia Luigi La Rocca presentano alla stampa gli ultimi ritrovamenti, si sono trovati di fronte quest'anno a un mare di serpi forgiate nel bronzo tra le quali spicca, maestoso e monumentale, un esemplare lungo quasi un metro, proprio come le splendide statue che già hanno fatto conoscere nel mondo il sito toscano.

"Una sorpresa infinita", sorride Jacopo Tabolli, il professore dell'Università per Stranieri di Siena, che insieme a Emanuele Mariotti, direttore dello scavo e Ada Salvi, responsabile per la soprintendenza, guida dal 2019 l'avventura di questa ricerca.

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Niente di spaventoso: con il corpo sinuoso, le squame rilucenti, la testa cornuta e barbuta, il grande serpente, fa notare Tabolli, "sembra quasi sorridere". E' un demone buono, di quelli che i romani definivano appunto agatodemoni, i simpatici serpentoni che adornano tanti larari nelle case di Pompei. Pure la sua collocazione qui ha un senso: era stato deposto nel punto in cui sgorgava l'acqua, perché con le sue spire rappresentava la sacralità della fonte. Un personaggio fondamentale, dunque, "il genius loci" del sistema di offerte. Ecco allora l'altro elemento di novità: perché il serpente è associato da tempi antichissimi alla divinazione. E il suo ritrovamento è la conferma che alla fonte si veniva anche "per avere un rapporto diretto con la divinità", per interrogare il serpente, ovvero la fonte, sulle incognite del futuro. "E' come se le piccole serpi e l'agatodemone, con le acque che scorrono di continuo, portassero un messaggio alla divinità della fonte e a quelle della salute", spiegano Salvi e Mariotti.

Non era soltanto la salute, insomma, il pensiero di chi frequentava questo luogo così speciale, dove ancora oggi lo sguardo si perde tra l'azzurro del cielo, i verdi e l'ocra delle colline toscane. Tra le offerte restituite dal fango sono comparse le ninfe -un esemplare in bronzo e un'iscrizione- oltre a tantissime uova di gallina in alcuni casi incredibilmente integre. E poi monete, oltre 10mila, ammassate come se fossero state immerse in grandi contenitori che nei secoli si sono però dissolti. Le corone d'oro, una integra in forma di tenia,l'altra in frammenti, sono state tra le novità, così come un anello con l'ambra e altri gioielli. Ma sono ancora una volta le statue e le teste in bronzo a colpire al cuore, con la raffinatezza della loro fattura e il carico di vita che le accompagna, le iscrizioni in etrusco o in latino come messaggi in bottiglia da un mondo lontano millenni.

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 Tra le tante - sono quattro quelle più grandi- sorprende il tronco tagliato a metà di un corpo maschile offerto alla fonte da un certo Gaio Roscio, vissuto nel I secolo a.C. Un tipo di offerta, premette Tabolli, che ha dietro di sé una lunga tradizione: "Si offriva la parte risanata", spiega. A stupire, piuttosto, è la qualità altissima del manufatto, un modello che si ispira addirittura ad Alessandro Magno. Eppure, se il mezzo corpo di Gaio Roscio strabilia, quella che forse intenerisce di più è la statua, forgiata nel II sec. a.C, di un bimbo ritratto in piedi con la sua vestina: nella mano tiene una palla che l'artigiano ha riprodotto in maniera impeccabile riportando nel bronzo persino le sottili cuciture. E che incredibilmente si muove, oggi come più di 2mila anni fa, ruotando sul palmo. Inutile cercare la storia di questo bimbetto perché anche lui, come il serpente, sembra legato alla divinazione: "Bambini che avevano il ruolo di piccoli auguri", spiegano, indicando il braccialetto, guarda caso proprio a forma di serpente che ne avvolge il piccolo polso. E poi l'iscrizione sulla gambetta, che cita per la prima volta la città stato etrusca di Cleusi, l'attuale Chiusi. Una statua che di sicuro aveva un ruolo importante, tanto che la corona d'oro, ipotizzano, potrebbe essere appartenuta proprio a lui. Difficile affermarlo ora, anche se, in contemporanea con i restauri, specialisti di tutto il mondo sono già impegnati a studiare ogni aspetto dei nuovi ritrovamenti. In estate si riprenderà a scavare, mentre si lavora per dare vita al Parco Archeologico Termale, al Museo e all'Hub internazionale di ricerca che dovranno rendere possibile a tutti dalla fine del 2026 il godere di tanta meraviglia. Ma intanto, stagione dopo stagione, un ritrovamento dopo l'altro, quel luogo così speciale sembra davvero riemergere dai vapori delle sue acque, ripopolato di volti e di umane vicende, di gioie, dolori, speranze nel futuro. Un mondo lontano, che poi così lontano non è.

 

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