Cultura

Opificio Pietre Dure, torna a splendere il Gonfalone dell'Aquila

Opera restaurata presentata a Firenze prima del ritorno al Munda

Redazione Ansa

(ANSA) - L'AQUILA, 31 GEN - Sedici anni dopo il sisma che nel 2009 colpì L'Aquila e l'Abruzzo il monumentale Gonfalone raffigurante i Santi protettori della Città, opera cinquecentesca di Giovanni Paolo Cardone patrimonio del Museo Nazionale d'Abruzzo (Munda), tornerà nel capoluogo dopo un complesso restauro eseguito dai tecnici dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze. L'intervento, finanziato dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi) e dalle banche del Gruppo di lavoro Relazioni culturali dell'Associazione, è stato illustrato oggi in Opificio, nella sede della Fortezza da Basso, presenti la Soprintendente dell'Opificio, Emanuela Daffra, la direttrice del MuNDA, Federica Zalabra, e il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli.
    Il Gonfalone, in seta rossa dipinta a olio, di dimensioni 460x323 cm, fu realizzato fra 1578 e 1579 per rimpiazzare un precedente esemplare donato dalla città dell'Aquila alla Basilica di San Pietro per il Giubileo del 1575. Della commissione fu incaricato Giovan Paolo Cardone, una delle personalità artistiche più rilevanti del tardo manierismo abruzzese, il quale, in ossequio alle indicazioni delle Magistrature cittadine, intorno a una fedele rappresentazione prospettica della città dipinse la Vergine prostrata davanti al Cristo e i Santi Massimo, Pietro Celestino, Bernardino ed Equizio, protettori dell'Aquila. La veduta topografica, tra l'altro, consente di conoscere la città come era prima del terremoto del 1703. La scena centrale è racchiusa in una cornice a fregi dorati, interrotta in corrispondenza dei lati maggiori da medaglioni con l'aquila nera dello stemma civico e di quelli minori dal trigramma bernardiniano entro un sole sfavillante. In basso, cinque pendenti o "drappelle" rettangolari in cui si alternano S. Antonio da Padova, S. Francesco d'Assisi, S.Giovanni da Capestrano e Santi vescovi.
    Per secoli lo stendardo è stato conservato nella Basilica di San Bernardino e fino al 1815, il 10 agosto, veniva portato in processione per implorare "la serenità dell'aria". Poi passò nel Castello Cinquecentesco, dove si trovava nel 2009. Dopo il sisma fu accolto dal Museo Paludi di Celano fino al 2013 quando, grazie all'Abi, fu affidato all'Opificio delle Pietre Dure dove il restauro si è concluso nel 2015. Il Gonfalone è stato dapprima ripulito dai materiali che il tempo e il terremoto avevano depositato sulla superficie; alla seconda fase risalgono consolidamento e riadesione dei sollevamenti tessili. La fodera esistente è stata rimossa dalla cucitura del Gonfalone per non causare ulteriori aggravi alla struttura originaria.
    "L'Abi è orgogliosa di aver contribuito al restauro del Gonfalone. Questo importante progetto testimonia la forza della collaborazione per la salvaguardia e la tutela della nostra eredità artistica, storica e culturale" ha detto Patuelli.
    "L'Opificio da anni opera in prima linea per le opere danneggiate da catastrofi naturali con l'obiettivo di preservarle, restaurarle e restituirle alle comunità di appartenenza - ha dichiarato la Soprintendente Daffra - In questi casi le difficoltà sono molteplici: di intervento, ma anche di ritorno in contesti feriti e cambiati. L'azione concorde tra attori diversi, che mette in dialogo competenze di restauro, valorizzazione del patrimonio museale e sostegno privato, è una delle chiavi per superare queste difficoltà".
    Per la prossima apertura del Munda al Castello Cinquecentesco dell'Aquila, ha concluso Zalabra, "abbiamo voluto riportare a casa il Gonfalone. Non potremo esporlo come progettato perché non ci hanno ancora riconsegnato l'ala dove lo mostreremo permanentemente, ma allestiremo una sala temporanea dove piccoli gruppi potranno ammirarlo, anche con nuove soluzioni tecnologiche, e riappropriarsi di una tessera del nostro patrimonio, anche in vista di L'Aquila Capitale della Cultura".
    (ANSA).
   

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