Cultura

La verità negata, l'Olocausto ha bisogno di prove

Film sul duello legale tra storico Irving e la Lipstadt, interpretata da Rachel Weisz

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA - Dallo sceneggiatore di The Hours e The Reader, dopo il successo al festival di Toronto e alla Festa di Roma arriva in sala il 17 novembre da Cinema di Valerio De Paolis 'La verita' negata' di Mick Jackson. Il film e' un classico legal movie, incentrato cioe' su un caso giudiziario, ma al di la' di arringhe, difese e colpi di scena in aula e' il tema ad interessare. E' la storia vera del processo che nel 2000 lo storico inglese David Irving, autore del best seller La guerra di Hitler, ha intentato alla professoressa Deborah E. Lipstadt per danno conseguente alla diffamazione di essere negazionista della tragedia dell'Olocausto.

La Lipstadt, sullo schermo un'intensa Rachel Weisz, e' consulente di storia per l'Holocaust Memorial Museum statunitense dove e' capo della commissione per l'antisemitismo e ha una carica presidenziale per l'Holocaust Memorial Council conferitale da Clinton e Obama. Ha dedicato la sua vita di docente e di storica alla memoria dell'Olocausto, ma di fronte al processo intentatole da Irving per diffamazione si e' trovata, per la legislazione inglese, a provare lei l'esistenza dell'Olocausto, l'intenzionalita' di Hitler di sterminare gli ebrei, per quanto assurdo possa sembrare. Il libro La verita' negata, con tutte le 'prove', esce per la prima volta in Italia da Mondadori in questi giorni.

"Oggi un processo simile - conclusosi con la condanna di Irving - potrebbe esserci eccome perche' nelle negazioni storiche ci si imbatte continuamente e di bufale e' pieno, ma un conto e' avere un'opinione diversa dalla massa, un conto e' credere alle menzogne. Le verita' possono essere scomode ma non ignorate", ha detto all'ANSA la Lipstadt presentando il film alla Festa di Roma. Secondo la storica e il regista Jackson sono piu' di una le assonanze con il caso Trump, candidato alla presidenza Usa, accusato di razzismo, cosi' come lo era Irving. "Rispetto al negazionismo in tema di Olocausto credo che se ne vedra' meno di prima, in questo il processo del 2000 ha segnato una svolta importante al pari di quello di Norimberga - ha detto la Lipstadt -. Il negazionismo e' una forma di antisemitismo, lo stesso Irving e' un razzista e il razzismo, come dimostrano gli interventi di Trump, e' tutt'altro che morto". La stessa professoressa e' stata molto coinvolta nella lavorazione, facendo parte del processo creativo. Il risultato e' un film notevole grazie alla sceneggiatura fedele allo sviluppo del processo (e' di David Hare, lo stesso del magnifico The Reader) e all'interpretazione di Timothy Spall nel ruolo di Irving e di Tim Wilkinson consulente e principale difensore della Lipstadt nel processo. Per precisa e vincente strategia la difesa non chiamo' a testimoniare la combattiva storica americana ne' i tanti sopravvissuti che affollavano l'aula e volevano far sentire la loro voce della sofferenza. Irving li avrebbe potuti umiliare per la dimenticanza di particolari o inesattezze ricostruttive, le stesse che con i famosi titoloni dei giornali - no fori, no Olocausto (i buchi dei pilastri da cui scendeva il cianuro per le camere a gas, non visibili in alcune foto e disegni) - misero a repentaglio il processo.

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