Cultura

Félicité, l'Anna Magnani di Kinshasa

In sala il film di Alain Gomis Gran Premio Giuria a Berlino

Redazione Ansa

Una madre coraggio con la grinta di Anna Magnani è la protagonista di 'Félicité' di Alain Gomis in sala dal 31 agosto distribuito da Kitchenfilm e vincitore alla 67/a edizione del Festival di Berlino del prestigioso Gran Premio della Giuria. Di scena il neorealismo quasi documentaristico del regista francese che va in Congo per raccontare con minimalismo, suggestioni, musica classica e popolare la tragica vicenda di una madre di nome Félicité (l'esordiente Véro Tshanda Beya), una cantante in un locale a Kinshasa, la cui vita viene sconvolta quando il figlio Samo (Gaetan Claudia) di quattordici anni rischia di perdere una gamba dopo un incidente stradale. Da qui un'Odissea di questa coriacea donna che non si ferma mai pur di trovare i troppi soldi che nella corrotta sanità congolese permetterebbero al ragazzino di essere operato e salvato.

Comincia così la sua disperata ricerca attraverso la città dove incontra di tutto e fa di tutto pur di procacciarsi il denaro. Dalla sua parte solo il suo compagno di sempre, pieno di alcool e silenzioso affetto, di nome Tabù (Papi Mpaka). Quando al figlio viene tagliata la gamba, la donna ha uno smarrimento, non canta più, entra nel mondo dei sogni, va alla deriva, fino a quando l'amore la riporta alla musica ed alla realtà. "Penso che la gestazione di un film - dice nelle sue note di regia Gomis - duri alcuni anni e porti con sé molte cose. All'inizio ci sono state persone senegalesi che conoscevo, donne forti che rifiutavano ogni compromesso, affrontavano la vita a testa alta e non si arrendevano mai. Ammiravo questa coerenza, ma nello stesso tempo riflettevo sull'idea di sottomettere la propria vita alla volontà di qualcun altro. Insomma ero interessato alla dialettica tra lotta e rassegnazione che è un tema comune a tutti i miei film".

Mentre oggi all'Accademia di Egitto di Roma la brava Véro Tshanda Beyatt, tra l'altro cantante di un gruppo congolese che sta girando l'Europa in tournee, racconta il suo impatto con il cinema: "E' stato il mio primo casting. Ho fatto ben sei provini poi alla fine il regista è capitolato più che altro perché vedeva in me una grande forza interiore". Sullo status della sanità in Congo, spiega ancora l'attrice esordiente, "il sistema sanitario è così come lo racconta il film ed è giusto dire la verità di quello che succede. Certo i riconoscimenti avuti dal film sono importanti, ma in questo caso è più importante che arrivi il messaggio". Oggi all'Accademia di Egitto a Roma, anche Patrizio Carnevale, ostetrico-operatore umanitario di Medici senza frontiere Italia con più di una missione in Congo, che ha raccontato la sua esperienza in questa nazione grande come tutto il nord-Europa.

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