Andare via per continuare con la scuola dell'obbligo o trovare il modo di restare sulla propria minuscola isola greca del Dodecanneso, Arki, a fare il pescatore, come il padre e i i suoi fratelli. E' la scelta che affronta il piccolo protagonista di 'Kristos, l'ultimo bambino', il documentario di Giulia Amati che debutta nelle Giornate degli Autori – Notti Veneziane alla Mostra internazionale del Cinema di Venezia. Un racconto, che la cineasta ha seguito per due anni, tra preparazione e riprese, improntato a fare di Kristos, 10 anni “il protagonista di una parabola di crescita, escludendo tutti quegli elementi che dessero dei riferimenti temporali alla storia. Vediamo il bambino nel pieno di un momento di passaggio, dal suo stato di innocenza alla prima grande decisione della sua vita” spiega all'ANSA la regista, che ha conosciuto l'isola da bambina, "quando ci venivamo con mio padre. Il film per me è anche la chiusura di un ciclo”.
Ad Arki, vivono mille capre e trenta persone, non ci sono ne' sindaco, ne' polizia, ne' un medico ne' un ospedale. C'è però una scuola, dove la sola maestra fa lezione ad un unico bambino, Kristos, tanto riflessivo quanto aperto e intelligente. Ed è proprio la maestra a cercare una soluzione per permettere al piccolo, di continuare a studiare, lasciando l'isola (la famiglia non ha i mezzi per permetterselo, ndr). “Questa è la comunità più piccola che abbia mai raccontato – aggiunge Giulia Amati, già regista di documentari pluripremiati come This Is My Land... Hebron -. Era fondamentale andarci in un punta di piedi, leggeri, sia in termini di attrezzatura che di troupe per rispettare le leggi non scritte che regolano la vita sull'isola. Era importante avere una relazione personale con tutti in modo di essere conosciuti e riconosciuti”. Colpisce la naturalezza di Kristos davanti alla cinepresa: “E' un bambino spontaneo e disponibile – spiega la cineasta - non avendo compagni di classe ha più difficoltà ad esprimersi verbalmente ma ha una grandissima intelligenza relazionale legata più al gesto, e alla comprensione delle espressioni. E' quello che gli permette di essere così empatico ed avere un volto così espressivo".