"È vero ET è il primo personaggio che papà mi ha sottoposto, avevo allora undici anni. Gli dissi che era bruttino, ma simpatico con quel fondoschiena da paperino e questo lo rassicurò.
Tra gli altri imbarazzi di Daniela Rambaldi bambina "Era quando mi chiedevano a scuola cosa facesse mio padre. Potevo forse dire che faceva mostri?". È stato un papà ingombrante? "Non quando era in vita. Il suo nome è sicuramente più ingombrante adesso. A casa era un uomo normalissimo fuori dal sistema hollywoodiano. E anche più ingombrante ora con la fondazione da portare avanti il cui presidente è mio fratello, Victor, e a cui ora collabora anxhe la mia primogenita Cristina. È lei che sta curando un docu-film su Carlo Rambaldi ancora in via di realizzazione". Come è cambiata nel tempo la percezione dei cosiddetti effetti speciali? "Finché mio padre è rimasto in Italia era una specie di contorno, qualcosa a cui si ricorreva solo alla fine con i resti del budget. 'Ho solo questa cifra, ce la fai a farmi una testa mozzata?' così gli chiedevano i registi e lui non diceva mai no. Poi una volta arrivato in America, mio padre misurandosi con grossi budget ha potuto mostrare tutta la sua bravura". Il sogno nel cassetto di Rambaldi padre di King Kong, ET e dei grandi vermi di Dune? "Sicuramente Millennium, parco tematico interattivo ed educativo dove si va dalla preistoria alle favole come quella di Pinocchio. Un progetto davvero visionario che lui ha tentato di realizzare già dagli anni Ottanta e di cui ci sono i plastici e tutti i progetti". Chi era davvero Carlo Rambaldi? "Un uomo innamorato del suo lavoro a cui dedicava tutto il suo tempo. Certo non era un padre che mi accompagnava alle feste di compleanno, ma casomai mi utilizzava per liberarsi dai party che odiava. Comunque un uomo schivo, riservato che ho visto emozionarsi solo alla nascita dei miei figli, ma totalmente generoso se qualcuno gli chiedeva qualcosa. Non diceva mai di no".
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