Cultura

Lea Massari, il compleanno di un'antidiva ribelle

Da Antonioni ad Anna Karenina, 91 anni lontano dai riflettori

Redazione Ansa

Domani Lea Massari festeggia il compleanno e - in buona parte per sua scelta - saranno in pochi nel mondo del cinema ad alzare un calice per farle gli auguri. Diva scontrosa, appassionata, irripetibile, Lea (al secolo Anna Maria Massatani) ha tagliato di netto ogni frequentazione con quel mondo già nel 1990, quando il giovane Ottavio Fabbri la convinse ad apparire per l'ultima volta in "Viaggio d'amore" a fianco di Omar Sharif. Da allora vive isolata, prima nella campagna di Orvieto, poi nella sua casetta in Sardegna, appare di rado in tv e soltanto per le campagne animaliste che sono diventate il lavoro della sua maturità, detesta celebrazioni e ricorrenze. Così anche i suoi 91 anni segnano una nuova tappa di una vita "perennemente in fuga" come ha detto una volta. "Io fino a oggi - diceva a Oriana Fallaci nel 1964 - sono stata una persona innamorata di due sole cose: della rissa e dell'amore. E così ho passato la vita ad alzar barricate, a battermi con forsennati come me: innamorati della rissa e dell'amore come me". È ancora bellissima, ha tagliato i fulvi capelli senza cedere alle tentazioni dell'eterna giovinezza, conserva lo sguardo acuto e inquieto, non ha perso nulla della sua sincerità generosa e magari urticante che la faceva amare ma che, al buon momento, la riportava nella sua torre d'avorio.

Nasce a Roma, a Monteverde Vecchio, il 30 giugno 1933 da una famiglia borghese (il padre, ingegnere, romano da generazioni, la mamma di origini umbre), vivrà da bambina in Spagna, Francia, Svizzera, a Roma avrà casa a Prati e poi ai Parioli. Nei primi anni '50 si iscrive alla facoltà di architettura, disegna, suona, cerca la sua indipendenza come indossatrice nella stagione delle Miss Italia e delle "maggiorate". Lei è diversa da tutte però, aristocratica nei modi, schietta nella sincerità quasi popolana, meno algida di Silvana Mangano, molto più moderna delle giovani dive come Marisa Allasio. Un amico di famiglia, lo scenografo Pietro Gherardi, le fa da pigmalione e convince Mario Monicelli a farla debuttare in "Proibito" dal celebre romanzo di Grazia Deledda: è il primo contatto con quella Sardegna che le rimarrà sempre nel cuore, nel ruolo di una ragazza romantica e intransigente. Si sceglie da sola il nome d'arte: contrae il cognome in Massari e col nome Lea rende omaggio a un fidanzato scomparso tragicamente poco prima delle nozze. Con il film successivo - "I sogni nel cassetto" (1957) di Renato Castelllani - si mostra subito attrice istintiva e originale, dominatrice della scena. La sua voce roca e sensuale induce i produttori a farla doppiare da Adriana Asti e di rado sentiremo la sua voce nel cinema italiano. Litiga però col produttore Angelo Rizzoli e toccherà a Michelangelo Antonioni riportarla a Cinecittà per "L'avventura" nel 1960. A fianco di Monica Vitti accetta un personaggio destinato a uscire di scena prematuramente, ma si porta dietro quell'aura distaccata e dolente che fin troppo spesso le rimarrà incollata addosso. Tutto diverso il registro in "Una vita difficile" di Dino Risi in cui, insieme ad Alberto Sordi, si cuce addosso un personaggio indimenticabile, verissimo e spontaneo.

Amata dal pubblico, ricercata per la sua diversità, nei primi anni '60 apparirà in pellicole sempre diverse con autori come Sergio Leone, Mauro Bolognini, Nanni Loy, vincendo il Nastro d'argento per "I sogni muoiono all'alba" dal racconto autobiografico di Indro Montanelli. Se ne va in Spagna con Carlos Saura ("I cavalieri della vendetta", 1964), in Francia con Alain Cavalier ("Il ribelle di Algeri" con Alain Delon) dove viene celebrata e "adottata" proprio mentre in patria pochi si fidano del suo carattere ribelle ai compromessi. Intanto la tv ne fa un'autentica diva e un personaggio popolare come per la Monaca di Monza nei "Promessi sposi" e l'"Anna Karenina" di Sandro Bolchi , mentre a teatro trionfa nel "Rugantino" del 1962 con Manfredi e Fabrizi. Nel 1970 ottiene un clamoroso successo con "L'amante" di Claude Sautet e l'anno dopo Louis Malle le offre il ruolo della vita in "Soffio al cuore" che rimarrà il suo film più caro nonostante un'infamante accusa di "seduzione di minore" da parte dei giudici italiani, poi risolta in assoluzione piena. Nonostante l'amore per lei di registi come René Clement, Michel Deville, Henri Verneuil e l'immediata sintonia con il suo partner prediletto, Michel Piccoli, torna in Italia per "La prima notte di quiete" di Valerio Zurlini con Alain Delon. Si tratta di un'interpretazione maiuscola, nevrotica, appassionata in un film riscoperto oggi in tutta la sua luce. Nonostante questo, sono in pochi a scommettere ancora su di lei (e viceversa): i fratelli Taviani in "Allonsanfan", Lino Dal Fra' ("Antonio Gramsci"), Francesco Rosi ("Cristo si è fermato a Eboli" con cui vince un secondo Nastro d'argento nel 1978 e in cui è al fianco di Gian Maria Volonté), Giuseppe Bertolucci ("Segreti segreti").

Sposata al pilota di linea Carlo Bianchini dal 1963 al 2004, è oggi un'animalista convinta nonostante sia stata cresciuta dal padre come infallibile cacciatrice. L'ombra della morte e il dolore della perdita sembrano aver dominato tutta la sua vita, dentro e fuori dal set. Sono la bellezza della natura e la solitudine accarezzata come unico rifugio ad aver plasmato il lato solare della sua vita. Ed è così che la vogliamo immaginare adesso, antidiva per eccellenza, cresciuta in un'Italia troppo spesso incapace di coglierne la grandezza e la modernità ribelle.

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