C'è un giovanissimo ladro dagli occhi tristi e profondi, e non importa se a essere rubata non è una bicicletta ma un cane. Poi c'è la grandissima povertà, c'è l'essere rimasti orfani, c'è quell'infanzia finita troppo presto o forse mai cominciata in nome di un lavoro duro come quello dello sciuscià.
El Ladrón de perros è l'opera seconda di Vinko Tomicic, classe 1987, che racconta la vita dell'orfano Martín nel suo peregrinare per le labirintiche strade di La Paz, che divengono metafora delle sfide che il giovane protagonista (Franklin Aro Huasco per la prima volta sullo schermo scelto con una ricerca specifica nella comunità dei lustrascarpe) deve affrontare.
Tomicic ha già annunciato che il giovane "sarà protagonista del suo prossimo film, un road movie lungo la cordigliera andina".
Nel cast anche Alfredo Castro, volto iconico del cinema latinoamericano. A La Paz tutte le mattine, Martín, lustrascarpe di professione, cammina percorrendo i ripidi vicoli verso il centro della città. L'infanzia è per lui un lontano ricordo e, come tutti i suoi colleghi, indossa un passamontagna per nascondere il viso. Condivide una stanza con l'amico Sombras, suo compagno di sventure, entrambi ospitati di nascosto nella casa di una anziana aristocratica grazie al sostegno della domestica. La loro condizione è precaria e il suo animo tormentato dal desiderio di una vita migliore ma la sua sofferenza maggiore è legata al fatto di non avere genitori. Nella sua immaginazione, intrisa di speranza pensa che uno dei suoi clienti migliori, il signor Novoa, sia suo padre. L'uomo è un sarto solitario molto devoto al suo pastore tedesco, Astor, che tratta come un figlio.
Martín escogita un piano: rubare Astor per avvicinarsi al signor Novoa, con la speranza di ottenere finalmente il riconoscimento paterno.
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A Giffoni il film di Tomicic con l'esordiente Franklin Aro