Cultura

Vakhim, viaggio intimo in un'adozione internazionale

Pirani lo racconta in docu al Lido nelle Giornate degli Autori

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 06 SET - Diventare mamma con l'adozione internazionale di un bambino cambogiano di 4 anni, aiutarlo nel non perdere le proprie origini, anche ritrovando la sorella Maklin e gli altri due fratellini, pure loro adottati in Italia, sostenerlo e accompagnarlo, quando il figlio è pronto per farlo, 15 anni dopo, nel percorso per fargli reincontrare in Cambogia la sua madre naturale. Sono le straordinarie e reali tappe di vita raccontate dalla regista Francesca Pirani, mamma del giovane protagonista della storia, nel suo documentario Vakhim, presentato nelle Giornate degli Autori (Notti veneziane) alla Mostra del Cinema di Venezia.
    Il film parte dai momenti famigliari ripresi in video nei primi mesi col cellulare nel 2008. Conosciamo così Vakhim, bambino solare e pieno di vita, che supera in poco tempo l'ostacolo di parlare solo Khmer, stringendo un forte legame con i genitori adottivi e ambientandosi subito anche in Italia. "Ho pensato a un documentario solo molti anni dopo, quando ho capito che lui aveva voglia che si raccontasse la sua storia", spiega all'ANSA la cineasta che in passato ha collaborato anche con Marco Bellocchio. Intorno al 2019, "dopo essere stata finalista al Premio Solinas, ho iniziato a scrivere, ma è andato tutto lentamente: ho avuto difficoltà a trovare i produttori, gli attori (con cui nel documentario si ricostruisce la fuga notturna della mamma naturale di Vakhim con i figli piccoli dal suo villaggio, lasciando un marito violento, ndr). Alla fine ho deciso di partire con un progetto autofinanziato (con la Land Comunicazioni) anche perché a quel punto Vakhim lo voleva tantissimo". Così l'anno scorso la famiglia è tornata in Cambogia (con loro anche Maklin, che ha un rapporto solidissimo con il fratello) e ha rintracciato la madre dei ragazzi che ci aveva contattato e hanno potuto reincontrarla. "La parte in Cambogia era quella che non potevamo prevedere. Ci siamo andati per permettere a Vakhim e Maklin di riconnettersi con i loro ricordi, ma volevamo anche fare il tentativo di ritrovare la mamma, perché c'era stato così tanto dolore in questa storia". Vakhim "è sempre stato molto allegro, molto vitale, si è lanciato subito nel nostro mondo, però questi bambini quando vengono adottati affrontano anche un trauma terribile, perdono in pochi mesi la loro lingua madre, il loro mondo... io volevo ricongiungere questi due pezzi della sua vita" . (ANSA).
   

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