Cultura

Vakhim, film di Francesca Pirani al Salina Doc Fest

"Un racconto che affronta una storia intima e personale"

Redazione Ansa

(ANSA) - PALERMO, 12 SET - Dopo l'ultima mostra di Venezia, dove è stato presentato alle Notti Veneziane, spazio off delle giornate degli Autori, Vakhim, film documentario di Francesca Pirani, sarà presentato in concorso alla 18° edizione del Salina Doc Fest - festival internazionale del documentario narrativo, diretto da Giovanna Taviani e Antonio Pezzuto.
    In programma venerdì 13 settembre, quando verrà proiettato alle 11.30 nel centro congressi di Malfa, il film, prodotto da Luca Criscenti per Land Comunicazioni, in collaborazione con Valeria Adilardi, è un racconto che affronta una storia intima e personale in cui risuonano temi universali: il dramma delle separazioni, la perdita degli affetti, il rapporto genitori figli, la difesa della memoria e dell'identità culturale.
    Adottato in Cambogia a quattro anni, Vakhim arriva in Italia nel 2008. Parla solo khmer e tutto intorno a lui è sconosciuto. Il passato è ormai alle spalle, ma in Italia c'è anche Maklin, la sorella maggiore e dopo qualche anno arriva una lettera: è la madre naturale di Vakhim che chiede del figlio. Francesca e Simone, i genitori adottivi, decidono di andarla a cercare.
    Pirani, poliedrica regista e sceneggiatrice che ha iniziato la sua carriera collaborando con il maestro Marco Bellocchio, con questo film si mette in gioco, apre le porte del suo vissuto e racconta la storia di suo figlio. "Non volevo però che il film si limitasse a questo - afferma la regista - desideravo anche allargare lo sguardo, evidenziando il fenomeno delle madri cambogiane coinvolte nelle adozioni e, soprattutto, il tema della separazione. Cosa succede a una persona quando perde tutto ciò che conosce? Cosa significa, da un giorno all'altro, perdere la propria madre, il villaggio, la lingua, i fratelli e tutti i ricordi di quei luoghi?".
    Con la commistione di materiale di repertorio privato e nuove riprese, la regista si muove tra realismo e poetica della memoria e, grazie all'uso di diversi stili e tecniche, riesce a rappresentare la complessità della storia di Vakhim, superando i confini della semplice narrazione documentaristica.
    La voce fuori campo della regista accompagna lo spettatore in un viaggio coinvolgente tra l'Italia e la Cambogia e si interroga, fra emozioni, dubbi, certezze e speranze, sulla complessità dei rapporti familiari e sul significato profondo dell'essere famiglia. (ANSA).
   

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