"C'è stato un grandissimo cinema italiano che, per me, parte dalla Dolce Vita e termina con l'Ultimo Imperatore. Un periodo estremamente vivace e di grande frenesia imprenditoriale. Qualcosa davvero interessante che poi è sparita, non so come abbiate fatto a buttarla via". Il regista britannico Peter Greenaway parla così del cinema italiano con i giornalisti a Torino, dove domani il Museo del Cinema gli consegnerà il prestigioso riconoscimento cinematografico Stella della Mole. Sono passati trent'anni da quando è entrato per la prima volta nella Mole Antonelliana, ma il ricordo è rimasto vivido nella sua mente e nel suo cuore, al punto da diventare quasi un'ossessione, tanto da raccontarla e disegnarla, con una penna o una matita e quello che aveva sottomano, su scontrini, buste, ritagli di libri o giornali, filtri di caffè. "I grandi film partono dalle parole, mentre oggi un film molto noioso come Dune è un'illustrazione di parole. Il cinema oggi è diventato molto ripetitivo perché così porta profitti. Per me è obbligatorio reinventarlo", osserva Greenaway che sui rischi dell'intelligenza artificiale rinvia "il verdetto della giuria". "In quanto creatore di immagini che ha iniziato come pittore e poi come regista e scrittore - spiega - non posso che essere spaventato soprattutto perché non la conosco. Nessuno di noi, se non è un tecnico esperto, riesce a capire come operi e come manipoli. Sono curioso di vedere l'impatto sui miei film, sulla mia pittura e sulla mia scrittura. Non ci sono informazioni sufficienti a prescindere da Donald Trump che dice di sapere tutto al riguardo".
A chi gli ricorda che in passato aveva espresso l'intenzione di suicidarsi Greenaway, che ha 82 anni, replica: "E' stata codardia: è doloroso e non ho avuto il coraggio di provare quel dolore. Oggi però si parla molto di eutanasia, ne parlano anche i politici", spiega il regista che nell'ultimo film Lucca mortis, girato nella città toscana, si fa molte domande sul tema della morte. "Spero che il mio film diventi parte di questo glossario contemporaneo. Si è parlato per decenni di sesso, ora parliamo di morte". Autore di film come I misteri del giardino di Compton House (1982), Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante (1989), L'ultima tempesta (1991) e la trilogia Le valigie di Tulse Luper (2003), Greenaway a Torino leggerà una selezione di 30 racconti brevi da lui scritti e mai pubblicati, raccolti nel libro He Read Deep Into The Night. "Ci sono sempre meno produttori interessati ai miei film, sto tornando alle mie radici e preferisco scrivere", spiega
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