Cultura

Edoardo Leo, dobbiamo liberarci dal maschilismo inconsapevole

Il protagonista del nuovo numero di Vanity Fair

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 05 NOV - Edoardo Leo, 52 anni, è il protagonista della storia di copertina del nuovo numero di Vanity Fair. In occasione dell'uscita del suo nono film da regista, Non sono quello che sono, rilettura dell'Otello di Shakespeare, riflette sul maschilismo inconsapevole e sui comportamenti patriarcali che lui stesso non ha saputo tenere a bada, sul rapporto con i figli e con il padre con il quale non ha parlato per un sacco di tempo, sulla sua gavetta in salita e sulle battaglie dei giovani. Quello di Edoardo Leo non è il solo momento nel magazine dedicato all'argomento violenza di genere e giovani: all'interno del numero anche un'inchiesta a partire dall'indagine di Fondazione Libellula condotta su 1.592 adolescenti tra i 14 e i 19 anni, secondo cui uno su cinque fa confusione fra ciò che è amore e ciò che è invece controllo e possesso. L'attore e regista racconta a Vanity: "La fase di preparazione (del film ndr) ha acceso una luce sul mio maschilismo inconsapevole, sui comportamenti patriarcali che qualche volta non ho riconosciuto o tenuto a bada". Per esempio rivela "ho realizzato di non essermi mai indignato guardando il pugilato, sport nobilissimo dove a un certo punto però una ragazza in costume sui tacchi sfila con il cartellone del round e gli spettatori la insultano per divertimento. Quando è uscito il film Mia (sulle relazioni tossiche tra i giovani, ndr), ho intimato a mia figlia di 14 anni: "Non permettere a nessuno di dirti come truccarti, come vestirti, a che ora uscire. Nemmeno a me", e mi sono pure sentito figo. Non mi ha sfiorato invece il pensiero di chiedere a mio figlio, oggi 18enne, se è mai stato ossessivo, morboso, possessivo. L'altro giorno, davanti a una partita di calcio in tv, mi sono rivolto a un giocatore con un'espressione infelice: "Ma fai il maschio!. "Siamo tutti parte del problema", osserva Edoardo Leo E quali soluzioni? "Fermarci: per riflettere su quello che diciamo e facciamo, per metterci in discussione. E, per quanto mi riguarda, spingere di più sul potere dell'arte".
    "Quando è stata uccisa Giulia Cecchettin ero in tournée a teatro e tutti parlavano della sua storia. Ho deciso di cambiare metà dello spettacolo: ho cominciato a leggere alcuni passaggi del monologo di Franca Rame Lo stupro e le domande agghiaccianti che nelle aule di tribunale vengono rivolte alle donne vittime di violenza sessuale. (ANSA).
   

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