Alza le mani e, dopo poco più di un anno, Sergio Castellitto lascia la presidenza del Centro Sperimentale di Cinematografia dopo polemiche a non finire e una gestione contestatissima. Sin dalla sua nomina.
"È una decisione che meditavo da tempo. Non sono gli attacchi ad avermi spinto a lasciare, mi hanno ferito ma mai impaurito. Semplicemente voglio tornare a fare il mio vero mestiere, che ho trascurato per più di un anno", chiarisce l'attore e regista in una lettera di addio agli studenti del Centro che saluta con affetto ma a cui confida di non avere "rimpianti", casomai "nostalgia".
Le dimissioni le ha presentate al nuovo ministro della Cultura a valle di una ispezione al Centro che sarebbe stata ordinata proprio dal Collegio Romano. Dimissioni "irrevocabili" che Alessandro Giuli assicura di aver accolto "con rammarico" esprimendo al presidente uscente "gratitudine e stima".
Castellitto era stato indicato da Gennaro Sangiuliano che aveva personalmente scelto anche tre dei sette componenti del consiglio di amministrazione della Fondazione: Pupi Avati, Giancarlo Giannini e Cristiana Massaro. Gli altri - Andrea Minuz, Santino Vincenzo Mannino e Mauro Carlo Ciampotti - erano stati indicati sempre dal governo ma dai ministri dell'Università, dell'Istruzione e dal Mef. "L'attività proseguirà in continuità col lavoro intrapreso dal Consiglio di amministrazione" assicura però Giuli. Per tutti la nomina arrivò ad inizio ottobre del 2023, confermata da un voto parlamentare, dopo aspre polemiche che avevano puntato l'indice sulla prova di forza del governo che durante l'estate aveva modificato la governance della fondazione provocando l'azzeramento della dirigenza guidata da Marta Donzelli.
Un atto clamoroso che aveva provocato un sit in a piazza Montecitorio degli studenti, il presidio permanente a Via Tuscolana, sede del Centro, appelli e il sostegno di grandi nomi del cinema, da Paolo Sorrentino a Wim Wenders, da Gianni Amelio a Nanni Moretti, contrari alla manovra. Come se non bastasse, i guai per Castellitto sono però cominciati dopo: dalla prima protesta dei più noti registi italiani, da Sorrentino a Cortellesi, da Marco Bellocchio a Tornatore contro la dismissione del cinema Fiamma a Roma, per finire al più grave episodio di incendio al deposito di vecchie pellicole, materiale storico girato prima del 1950. In mezzo una velenosa dose di accuse di favoritismi, voci di uso personale di fondi, di assunzioni di persone a lui legate e di licenziamenti di un dirigente e altri lavoratori. Accuse, appunto, a cui l'attore ha sempre ribattuto punto su punto.
"Anche l'amichettismo davanti alle evidenze deve arrendersi" commenta però ora l'attore e deputato 5 Stelle Gaetano Amato, ricordando che proprio in Parlamento il Movimento aveva chiesto conto "delle spese pazze e in generale della gestione dissennata" del Centro, "con consulenze alla moglie di Castellitto e l'assunzione del suo agente per un ruolo che nemmeno è previsto dallo statuto". Poi, aggiunge, "solo pochi giorni fa il sottosegretario Mazzi è venuto in Parlamento per tranquillizzarci dicendo che tutti i vari fronti su cui Castellitto era coinvolto si sarebbero chiariti senza problemi. Solo dopo abbiamo scoperto l'avvio di una ispezione da parte del Mic e oggi arriviamo alle dimissioni di Castellitto". Anche Marco Grimaldi, vicepresidente di Avs alla Camera, ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo in relazione alla gestione del "prestigioso istituto di Cinecittà". Anche lui, pur professando "grande stima" per l'attore Castellitto, ricorda di essersi iniziato ad occupare del Csc "quando il Centro non ha rinnovato il contratto ai 17 lavoratori addetti alla digitalizzazione. Non solo non abbiamo ricevuto risposte, ma abbiamo scoperto di quell'incendio a lungo taciuto e di altri elementi che sembravano indizi di una gestione poco trasparente che rimangono agli atti. Dopo 5 interrogazioni i chiarimenti non sono stati adeguati, mentre - afferma - si è provveduto a licenziare il dirigente che non aveva condiviso le scelte del Cda".
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