Cultura

Robbie Williams in Better man, mi vedo come una scimmia

Biopic da 1 gennaio in sala. 'Sanremo nel '94? Ero strafatto'

Robbie Williams

Redazione Ansa

Un biopic fuori dagli schemi che racconta tra introspezione e musica la storia dell'artista solista di maggior successo di tutti i tempi del Regno Unito, ovvero Robbie Williams, ritratto nei panni di una scimmia che interagisce con gli umani, bambino sui campi di calcio della natia Stoke on Trent, fino all'incontro con i Take that, l'ascesa siderale e la caduta fino alla straordinaria rinascita.
    E' la storia di 'Better man' diretto da Michael Gracey (The Greatest Showman) che esce nelle sale l'1 gennaio e che ha già fruttato a Williams, oggi a Roma insieme al regista del film, "tanti riscontri positivi di chi lo ha già visto. Io - racconta - ci ho messo la mia autenticità, la mia voglia di condividere tutto: se è stato liberatorio? Diciamo che lo sta diventando ma se non verrà accolto bene quando esce nei cinema non lo sarà più di tanto .. E allora ancora terapia" sorride. Perché si è fatto ritrarre come uno scimpanzé CGI (computer-generated imagery) al quale comunque dà la voce e anche lo sguardo? "Innanzitutto voglio che il mondo mi veda come io mi vedo. Rob si vede come una scimmia. Ma c'è anche un'altra ragione: ci sono tanti biopic adesso e ci siamo tutti un po' stancati, tra l'altro sono biografie un po' ripulite, risistemate, mentre il nostro non lo è. E se il protagonista non fosse stata una scimmia oggi a questo incontro forse non ci sarebbero così tante persone, diciamo che questo lo rende unico". Eppure il parlare dei propri problemi, delle dipendenze da alcool e da droghe, puo' spingere le persone che ne soffrono ad affrontare le proprie insicurezze: "vorrei poter dire che ho fatto il film per altruismo, ma - spiega Williams sul filo dell'ironia - diciamo che alla base ci sono motivi carrieristici, attirare l'attenzione su di me, prolungare la mia carriera. Poi se il film ha ottenuto un effetto collaterale visto che delle persone si sono identificate con il mio personaggio, che gli è piaciuto e si sono rivisti in me questo mi fa piacere ma non era questo il mio obiettivo".
    Il film racconta la vicenda professionale e umana dell'artista a partire dall'abbandono da parte del padre e si apre con la domanda "chi è Robbie Williams?" a cui le risposte sono molteplici e tutte estremamente sincere: "Non mi è sembrato un problema spiegare chi sono con così tanta autenticità.
    Fortunatamente il regista si è trovato ad avere a che fare con una figura pubblica disposta a condividere le parti belle e quelle brutte della propria personalità". Williams si confessa con grande sincerità anche fuori dallo schermo: "Anche se oggi sto bene io sono una personalità dipendente. Il corpo per me è sempre stato fonte di malattia mentale a causa del peso: da quando ero un 11enne cicciottello che ha sviluppato una nevrosi che continua al di là dei video e delle performance. Sono stato dipendente da droga, sesso, cibo e alcool, ora ho smesso di assumere droga, alcool con il sesso siamo li' .. ma il problema rimane il cibo ancora oggi. Sono consapevole insomma che il corpo può essere fonte di vergogna e dolore". Gracey osserva che "quando Robbie era un ragazzo solo le persone famose venivano giudicate ma oggi non è più così a causa soprattutto dei social e questo diventa pericoloso specie per gli adolescenti: Rob una volta mi ha detto 'se tu non mi ami io non mi amo' e questo è sempre da tenere presente". Con un repertorio straordinario di canzoni, di cui tantissime hit, come ha scelto quelle da inserire nel film? "Un po' come per l'opera, devi inserire la canzone che va bene con il contesto narrativo, la canzone che si adatta al momento che racconti.. Così ad esempio Rob bambino che vede il padre andarsene canta 'sento il bisogno di amore'".
    L'attore che ha dato le movenze a Robbie nel film è l'inglese Jonno Davies che ha usufruito della tecnologia motion capture anche nei balli scatenati come quello che nel film i Take that inscenano a Regent street e che il regista reputa "la scena più difficile che abbia mai girato. Dopo una settimana di prove - spiega - abbiamo sigillato tutta la strada e mentre ci preparavamo a girare con taxi, bus e 500 ballerini la Regina ci ha lasciato e tutto è stato rimandato per rispettare il lutto. E l'assicurazione ovviamente non risponde della morte delle regine e il nostro è un film indipendente". Ma dopo 5 mesi la scena di ballo ha visto la luce.
    Reduce dall'essere stato ospite a X Factor nella serata finale a Napoli, Williams loda l'energia tutta italiana "che in un show tv permette che dal caos nel backstage si arrivi a una resa perfetta sullo schermo. Amo questa bellezza del vostro paese, questo bellissimo caos. Che ricordo ho di Sanremo con i Take that? Nel '94 ero strafatto - scherza - ma chi se lo ricorda?".
    (ANSA).
   

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