Ci sono temi che non muoiono mai, come quelli delle favole pieni di tragedia ma con happy end. È il caso di 'Mufasa: il Re Leone', prequel del classico film Disney del 1994 che ha fatto sognare milioni di bambini di tutto il mondo, in sala dal il 19 dicembre a firma del premio Oscar Barry Jenkins.
Quali sono questi temi? La famiglia su tutto, il dovere, il sogno di un mondo migliore da raggiungere, ma anche, in segno negativo e molto attuale, la crudeltà del potere e l'odio per il diverso, il bastardo.
'Girato tra live action e capture (ovvero leoni veri resi umani), il film racconta, attraverso Rafiki, la leggenda di Mufasa alla giovane cucciola di leone Kiara, figlia di Simba e Nala, con Timon e Pumbaa, rispettivamente un suricato e un facocero, alle prese con le loro follie piene di parole. Una storia drammatica perché il cucciolo, prima di diventare il re giusto che conosciamo, se l'è vista davvero brutta. Per un lungo periodo, causa un'inondazione, diventa infatti esule ritrovandosi nel regno di Obasa, leone aristocratico e cattivo, che lo considera un randagio che puzza, un senza patria. Per fortuna diventa amico di Taka, erede al trono di Obasa, che invece lo vede come quel fratello che non ha avuto.
"C'è un motivo per cui le persone sono state innamorate del Re Leone da trenta anni: era per le forti emozioni e gli obiettivi - dice Jenkins che ha scritto e diretto Moonlight, vincitore dell'Oscar -. In realtà c'era già tutto nella sceneggiatura di Jeff Nathanson. Il personaggio di Sarabi (la tenera madre di Mufasa) poi è un esempio perfetto. Quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura, su suggerimento di mia moglie mi sono reso conto che c'era una profondità enorme in questo personaggio, come in altri, tutti ruoli non periferici, ma semplicemente privi dello spazio per essere raccontati come meritavano. Che tu abbia quattro o 104 anni, c'è qualcosa nel Re Leone giusto per te. E così non ho pensato a quello che era stato fatto prima, come era stato fatto e perché era stato fatto, ma mi sono solo detto: lo farò in un modo altrettanto bello, profondo e stratificato".
Leggi l'articolo completo su ANSA.it