(ANSA) - ROMA, 12 GEN - Dopo il successo alla 42/a edizione
del Torino Film Festival, con tutte le proiezioni sold out,
arriva in sala dal 13 gennaio, distribuito da Luce Cinecittà, Il
Mestiere di Vivere, documentario scritto e diretto da Giovanna
Gagliardo che, a partire dall'ultimo frenetico giorno di vita di
Cesare Pavese, mette al centro della storia l'uomo e lo
scrittore attraverso vari capitoli che raccontano i tanti
mestieri che ha sperimentato.
Il Mestiere di Vivere, una produzione Luce Cinecittà, in
collaborazione con Rai Documentari, realizzato con il sostegno
di Film Commission Torino Piemonte e con la partecipazione di
Ente Turismo Langhe Monferrato Roero e il patrocinio della Città
di Torino, racconta l'intellettuale che nella sua breve vita è
riuscito a ricreare un nuovo mondo letterario e culturale che ha
dato identità alla seconda metà del Novecento italiano: un poeta
che appena ventenne scopre la poesia narrativa, per poi
cimentarsi nel romanzo breve, portare in Italia la letteratura
americana e contribuire infine alla nascita della Casa Editrice
Einaudi. La voce di Cesare Pavese è di Emanuele Puppio, la
fotografia di Roberta Allegrini ed il montaggio di Emanuelle
Cedrangolo.
Dopo la prima a Roma, il film di Giovanna Gagliardo arriverà
con proiezioni evento alla presenza della regista a Torino,
Milano, Bologna, Bergamo, Firenze, Pisa, Perugia, Avellino e
altre città italiane.
"Sono nata in Piemonte, cresciuta a Torino, da più di
quarant'anni vivo a Roma - spiega Giovanna Gagliardo -. Pavese,
certo, l'ho incrociato nella mia adolescenza torinese e non
solo. Ovviamente l'ho amato, l'ho letto. Ho imparato a memoria
molte delle sue poesie. L'ho messo tra i ricordi di quel
fruttuoso passato vissuto nella Torino irripetibile degli anni
Sessanta. Ritrovarlo e rileggerlo oggi, a distanza di tanti
anni, è stata per me una vera e propria folgorazione. Prendi in
mano i suoi romanzi, le sue poesie, soprattutto i suoi diari e
già dalle prime righe capisci che ti sta parlando del
'presente'. Non del suo presente, ma del 'nostro'. Mette in
scena la complessità degli eventi e ti fa capire che non hai
scampo. Ti costringe a non cercare risposte semplici, ti sbarra
la strada se provi a schierarti. Ti mette alla prova. Lui non
spiega, non suggerisce, non cerca la tua approvazione. Quel
Pavese che ricordiamo frettolosamente come il poeta infelice,
suicida per amore, probabilmente è molto di più. Forse è
l'intellettuale scomodo che oggi ci manca, l'antipatico mai
compiacente che ti complica la giornata, il magnifico compagno
di viaggio che - nelle colline di Santo Stefano Belbo - ti fa
intravedere il mare azzurro di Itaca. Ho lasciato un Pavese che
credevo locale e generazionale, ho ritrovato uno scrittore con
il respiro dei 'classici'". (ANSA).
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