Luce, opera seconda di Silvia Luzi e Luca Bellino dopo Il Cratere, in sala il 23 gennaio distribuito da Barz and Hippo, è un film volutamente oscuro, tra sogno e realtà, dove alla fine al centro di tutto c'è solo l'anima in pena della protagonista (una bravissima Marianna Fontana presente in ogni sequenza). Una ragazza del Sud con poche soddisfazioni che lavora in una fabbrica di guanti dove è sfruttata ed è sempre in preda ai suoi fantasmi, ovvero a se stessa. Come controcanto una sola voce maschile al telefono, quella di Tommaso Ragno, un uomo che sembra essere il padre della ragazza che chiama dal carcere dove sta scontando la sua condanna.
Perché in questo film - già passato al festival di Locarno ed a Alice nella Città, e in cui è messo a fuoco sempre solo il volto della ragazza o di chi si relaziona con lei - tutto sembra certo, ma potrebbe essere anche totalmente il contrario. "Con Luce siamo tornati ai temi a noi cari come la famiglia e il lavoro, provando a non tradire il nostro pensiero sulla realtà e sull'immagine, le nostre convinzioni sui fragili confini tra vero e falso" dicono i registi e sceneggiatori di questo film prodotto da Bokeh Film, Stemal Entertainment con Rai Cinema e Donatella Palermo. E ancora Luzi e Bellino: "Volevamo continuare a raccontare il rapporto con il potere, che sia padre o padrone, quel potere che quando è famiglia ti schiaccia e quando è lavoro ti aliena. Abbiamo provato a farlo attraverso il tumulto di una giovane donna in un contesto che la vuole operaia, ignorante, sottoposta, e che la induce a una scelta malsana alla ricerca di un'assenza e di una voce che diventano vita parallela. Forse inventata, o forse più vera del vero. Il metodo di lavorazione è quello che amiamo: una sceneggiatura riscritta giorno per giorno, luoghi veri, persone reali, riprese in sequenza, una recitazione che non è più finzione ma messa in scena di se stessi".
Dice invece Marianna Fontana (Indivisibili, La seconda vita): "Ho lavorato con grande intensità in ogni singolo ciak, è stato un po' come un lavoro teatrale nato dopo tante prove che alla fine è diventato molto naturale. Quando poi mi hanno detto che la voce sarebbe stata quella di Tommaso Ragno, è stato davvero bellissimo come d'altronde il risultato finale". Per lo stesso Ragno un'impresa non facile interpretare il film con la sola voce: "Nulla a che fare con il doppiaggio - ci tiene subito a dire l'attore - ho recitato con tutto il corpo. Si trattava di creare un personaggio che non esisteva, bisognava fare qualcosa di misterioso, evocativo, poetico, creare un'intimità miracolosa in poco tempo". Dicono infine i registi sulla messa a fuoco del solo personaggio principale con uno sfondo perennemente sfocato: "Questa è una cosa che disorienta il personaggio, ma anche lo spettatore. Questa mancanza di messa a fuoco è pari alla mancanza di risposte, indica una voglia comunque di uscire dal cinema del reale".
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